Lavoro sociale
Proroga all’albo di educatori e pedagogisti: un rinvio che non scioglie i nodi
Il consiglio dei ministri del 4 agosto ha prorogato al 31 marzo 2026 il termine per presentare domanda d’iscrizione all’albo dei pedagogisti e degli educatori socio-pedagogici. Ecco la lettera al ministro Nordio di un pedagogista e direttore di servizi socio sanitari, che da anni studia la questione: «La proroga non basta, ecco perché è necessario un suo intervento interpretativo in relazione alla legge 55/24». Al di là della proroga, infatti, c'è un rischio maggiore: che la richiesta di iscrizione all'albo che ancora non c'è venga pretesa in sede di accreditamento dei servizi. Cosa che è già successa...

Caro ministro Nordio ti (le) scrivo, così mi distraggo un po’… Sono in ferie in Liguria e tra una pedalata e un po’ di ozio sotto l’ombrellone, mi giungono voci inquietanti in tema di albo delle professioni pedagogiche, di cui parlerò in coda a questo articolo.
Durante la stesura dell’articolo, infatti, accade che il 4 agosto il Consiglio dei ministri approvi un decreto legge “Misure urgenti in materia di Giustizia” in cui, all’articolo 6 è prevista una nuova proroga per la domanda d’iscrizione all’albo: 31 marzo 2026. L’urgenza del provvedimento è dovuta, tra le altre ragioni, alla necessità di raggiungere gli obiettivi del Pnrr, anche diluendo su un periodo più lungo il carico di lavoro relativo alla verifica dei titoli dei richiedenti iscrizione all’albo.
Ho sentito la necessità di rivolgermi direttamente a lei, ministro Nordio, che ha l’onere di dover redigere il decreto ministeriale che attuerà definitivamente questa “famosa” legge 55/24. Mi rivolgo a lei con questo articolo per spiegare le ragioni per cui è necessario un suo intervento interpretativo in relazione alla legge 55/24 e al contempo spiegherò perché ritengo non solo inutile, ma controproducente, un’ulteriore proroga dei termini di iscrizione negli elenchi.
Se fosse tutto così chiaro, però, sarebbe troppo bello. Purtroppo chi scrive non è un giurista né un accademico, ma un semplice pedagogista che da anni studia la questione. Ed è per questo, caro ministro Nordio, che le scrivo
Massimiliano Malè
Il cuore della questione
Partiamo dal fondo. La legge 15/25, detta Milleproroghe, ha prorogato (o meglio riaperto i termini) per l’iscrizione negli elenchi regionale dell’albo delle professioni pedagogiche, fissando al 31 marzo 2025 il termine ultimo per perfezionare la domanda di iscrizione. Il termine individuato dalla legge 55/24, lo ricordiamo, era il 6 agosto 2024. Nel Milleproroghe viene anche specificato che coloro «che hanno presentato domanda di iscrizione ai relativi albi possono comunque esercitare la rispettiva attività professionale disciplinata dalla medesima legge 15 aprile 2024, n. 55». Quest’ultimo inciso può dar adito all’idea che solo coloro che hanno perfezionato la domanda di iscrizione possano continuare a esercitare la professione, mentre è mia idea – spero di riuscire a motivarla – che possano continuare a esercitare tutti coloro che possiedono i requisiti previsti dalla Legge 205/17, fino all’implementazione definitiva dell’ordine e quindi dell’albo, cioè fino alla piena attuazione della legge 55/24.
Ricominciamo dalla legge 55
Innanzitutto, credo che sia necessario ritornare alla legge 55/24, che all’articolo 5 istituisce gli albi delle professioni pedagogiche ed educative e che all’articolo 6 istituisce l’Ordine delle professioni pedagogiche ed educative. Nei primi quattro articoli la legge definisce qual è l’ambito di competenza e quali sono i requisiti per l’esercizio della professione richiesti ai pedagogisti e agli educatori professionali socio-pedagogici. Gli articoli 7, 9, 12 e 13 trattano aspetti particolari che tralascerò, mentre l’articolo 8 tratta dell’organo di governo dell’Ordine, cioè il Consiglio Nazionale. L’articolo 11 definisce alcune disposizioni transitorie che consentono ad alcune categorie di potersi iscrivere all’albo pur non avendo i requisiti previsti negli articoli 2 e 4 della legge. Per ultimo – ma non in ordine di importanza, anzi – l’articolo 10 fornisce alcune indicazioni relative alla prima attuazione della legge.
L’articolo 10 comma 1 fa esplicitamente riferimento alla prima attuazione della legge. È importante parlare di prima attuazione, perché l’implementazione di un albo e del relativo ordine non è un fatto che accade hic et nunc, ma necessita di un processo. Questo processo deve essere ben articolato in sequenze, in modo da evitare che possano verificarsi delle circolarità (ragionamenti circolari), come accade nella famosa questione “prima l’uovo o la gallina?”. Nel nostro caso la domanda diventa: “prima l’albo o prima l’ordine?”. Seguendo l’articolazione della legge, viene prima istituito l’albo (art. 5), poi l’Ordine (art. 6). Ma questo non significa che l’implementazione segua lo stesso ordine e nemmeno che le due fasi siano completamente distinte, potendo così procedere in parallelo.
Ma torniamo all’articolo 10: il comma 1 prevede che in sede di prima attuazione della legge viene nominato un commissario a cui è assegnato il compito di formare gli albi. Questo significa che il commissario dovrà trovare un modo per far presentare le domande e poi pubblicherà un “elenco di aventi diritto” (articolo 10 comma 2). Dalla frase non si capisce esattamente a che cosa questi iscritti hanno diritto. Hanno diritto ad essere ammessi all’albo? Forse, ma siccome l’albo non esiste ancora, nemmeno in forma provvisoria, per ora quelli che vengono pubblicati sono soltanto dei non meglio precisati “elenchi di candidati aventi diritto” – per il comma 1 dell’articolo 6 – a costituire l’Ordine, che però non risulta ancora istituito. Metto in pausa l’articolo 10, che a questo punto passa alla fase elettorale, per tornare al fondamentale articolo 6.
Per poter dare attuazione alla legge, l’articolo 6 dispone che spetta proprio al ministro di Grazia e Giustizia il compito di emanare un decreto ministeriale in cui si istituisce l’Ordine. Ricapitolando, ai sensi del comma 1 dell’articolo 6, l’Ordine è costituito dagli iscritti all’albo, ma questo non basta per istituire l’Ordine, che è un ente pubblico che agisce quale organo sussidiario dello Stato. L’istituzione dell’Ordine è subordinata a un decreto del ministro di Grazia e Giustizia, che indicherà anche tutte le disposizioni necessarie al funzionamento. Purtroppo la norma a questo punto entra in un ragionamento circolare, perché il ministro, per svolgere il suo compito e redigere il decreto, deve sentire le maggiori associazioni (questo è facile) e i presidenti degli Ordini regionali che compongono il Consiglio nazionale dell’ordine: questo è ben più complicato.
La costituzione dell’Ordine
Torno all’articolo 10, comma 2, che ho lasciato proprio alla fase elettorale e agli elenchi degli aventi diritto a costituire l’Ordine. Questi aventi diritto devono evidentemente eleggere per la prima volta i presidenti dei vari Ordini regionali, che comporranno il Consiglio nazionale. Purtroppo il redattore della norma non ha brillato in precisione e invece di parlare di elezione dei presidenti regionali dell’Ordine, ha parlato di presidente regionale dell’albo. Si tratta probabilmente di un banale errore di copia-incolla – capita – ma di fatto resta vuota la casella del presidente regionale dell’Ordine e questo impedirebbe al ministro di svolgere il suo compito.
La domanda che più inquieta gli educatori professionali socio-pedagogici e i pedagogisti che finora non hanno presentato domanda di iscrizione all’albo è: “Possono praticare?”. Alla luce dell’articolo 6 comma 4 della legge 55/24 personalmente non avrei dubbi
Massimiliano Malè
E se il ministro non può svolgere il suo compito, emanando il decreto istitutivo dell’Ordine, la legge 55/24 non può essere applicata, perché nel decreto del ministro non solo devono essere indicate le modalità di funzionamento e le disposizioni relativamente all’ordinamento dell’Ordine, ma soprattutto perché senza quel decreto mancherebbero «le norme necessarie per la prima applicazione della presente legge» (articolo 6 comma 4). Quindi senza quel decreto, nemmeno la prima applicazione della norma è possibile.
Senza bisogno di entrare in ulteriori dettagli, credo che a questo punto dobbiamo rispondere alla domanda che più inquieta gli educatori professionali socio-pedagogici e i pedagogisti che finora non hanno presentato domanda di iscrizione all’albo: la domanda è “possono praticare?”. Alla luce dell’articolo 6 comma 4 della legge 55/24 personalmente non avrei dubbi: dal momento che in assenza dell’atteso decreto ministeriale, la nuova legge non può essere attuata e quindi resta vigente quanto contenuto nel comma 594 dell’articolo 1 della legge 205/2017, e cioè che le professioni di pedagogista ed educatore professionale socio-pedagogico non sono organizzate in Ordini e collegi. Questo fino a quando il decreto ministeriale non concluderà il processo di attuazione della legge 55/24.
Caro ministro le scrivo
Se fosse tutto così chiaro, però, sarebbe troppo bello. Purtroppo chi scrive non è un giurista né un accademico, ma un semplice pedagogista che da anni studia la questione. Ed è per questo, caro ministro Nordio, che le scrivo.
Se per caso leggesse questa mia riflessione e se per caso le conclusioni del mio argomentare, magari un po’ arrangiato e maldestro, fossero da lei condivise, potremmo risparmiarci i numerosi mal di pancia degli enti gestori dei servizi che rischiano carenze di personale, degli operatori che non hanno presentato domanda di iscrizione agli elenchi ma che possiedono tutti i requisiti per svolgere la loro professione, delle università e degli studenti prossimi alla laurea – e questo varrà anche per l’eventuale proroga al 2026 (eventuale dal momento che il dl deve essere convertito in legge entro 60 giorni pena la decadenza, e comunque il provvedimento può subire modiche) – che dopo essersi laureati per iniziare a lavorare dovrebbero attendere una proroga o la definitiva implementazione dell’albo e dell’ordine… Una cosa che a occhio non mi pare prossima ad addivenire.
Il rischio più grande
Ma il rischio più grande, caro ministro Nordio, è quello a cui facevo riferimento all’inizio di questo scritto, riguardo a cui stavo scrivendo qualche considerazione proprio quando è arrivata la notizia della proroga. Consiste nel fatto che una persona in condizione di bisogno – ricordiamo che gli educatori professionali operano con i più fragili – possa non ricevere le risposte e i servizi di cui necessita per via del fatto che qualche solerte funzionario – e, caro ministro, mi è giunta voce che ciò sia già accaduto – nel definire i requisiti di accreditamento delle unità d’offerta dei servizi sociali e socio sanitari possa considerare la domanda di iscrizione all’albo (che non c’è) un requisito necessario per poter svolgere la professione di educatore professionale socio pedagogico o di pedagogista.
In conclusione, caro ministro, torno a godermi il mar Ligure e le escursioni in mtb, ma resto a disposizione per qualsiasi contributo. Se avrà occasione di leggere questo scritto, sarebbe bello un suo riscontro.
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Massimiliano Malè, pedagogista, è direttore di servizi socio sanitari per la disabilità, formatore e consulente. Segue fin dal 1998 la normativa in tema di professioni educative e dal 2017 ha contribuito alle norme che regolamentano le professioni del pedagogista e dell’educatore socio pedagogico. È consigliere di presidenza regionale e consigliere nazionale di Federsolidarietà-Confcooperative.
La fotografia in apertura è di Cai Fang su Unsplash
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