Joseph Pulizter è il simbolo del giornalismo. Ungherese, immigrato negli Usa, morto nel 1911, rivestì tutte le funzioni, dallo scrivere all’essere editore. La sua idea di giornalismo è contenuta in un libro agile che Boringhieri ha appena tradotto.
Che ci piaccia o meno, ci siamo imbarcati in una rivoluzione del pensiero e dell’esistenza. Il progresso dilaga a velocità sempre maggiore, superando di gran lunga in pochi decenni il cammino dei precedenti secoli. Tutte le professioni, tutte le occupazioni eccetto una, si tengono al passo con questa marcia straordinaria. Non è forse un fatto che, di norma, i giornalisti di settant’anni fa ne sapevano molto di più di giurisprudenza, di politica e di storia di quelli di oggi? Gli statisti, gli avvocati e gli studenti di scienze politiche che solevano svolgere un lavoro editoriale per ambizione, o per piacere intellettuale hanno ormai smesso di frequentare le redazioni dei giornali. Non esiste mestiere così umile che possa permettersi di non prefiggersi standard professionali sempre più elevati. Le professioni – giurisprudenza, medicina, arte, architettura, musica e ingegneria in tutti i suoi campi d’applicazione – richiedono periodi preparatori di anni e anni, che vanno facendosi sempre più lunghi. È dunque soltanto la professione più impegnativa in assoluto – quella che richiederebbe le più ampie e profonde conoscenze e la più incrollabile tempra morale – a dover essere lasciata alle casuali fortune dell’autodidattica? È dunque proprio l’uomo che è critico e maestro di tutti quanti l’unico a non aver bisogno di insegnamento?
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