Non profit

Quando l’innovazione fa male al fundraising

Emblematico il caso delle lettere ai donatori

di Redazione

La più grande raccolta italiana di mailing di raccolta fondi si trova su mailing. fundraising.it, il sito «dedicato ai professionisti del fundraising, ai fundraiser, ai consulenti marketing e a chi vuole ampliare la propria conoscenza nel campo del direct mailing». A quell’indirizzo si trovano oltre 700 lettere scannerizzate e archiviate per tipologia, causa, data ecc. Ogni tanto le riprendo in mano e le rileggo: nonostante la grande varietà di cause, motivazioni e segmento di mercato, sono di fatto 700 lettere sostanzialmente tutte uguali.
E il motivo è semplice. L’innovazione non paga. Molti fundraiser mi hanno raccontato che fare cose innovative non funziona. Provate a fare un sito internet che, al posto di scorrere in verticale, scorresse in orizzontale: la gente non riuscirebbe a trovare le informazioni. Non convenzionale, molte volte, troppe volte significa non funzionale. Sapete perché le lettere di raccolta fondi sono tutte uguali? Perché sono costruite allo stesso modo. Una prima frase che colpisca, una storia che emozioni (meglio se com-muove, ovvero che mette in moto) una firma e alla fine un post scriptum. E anche se penso che queste lettere siano sostanzialmente noiose, e tutto sommato non divertenti, non sarebbe logico farle in modo diverso.
Ho paura di certi art director o di certi copywriter che vogliono cambiare tutto per fare le cose più belle e innovative. In questo modo si forza la gente a usare tempo ed energie per “capire il verso” della lettera. E anche se la lettera vincesse il premio “creatività dell’anno”, in realtà si è solo costruito un muro di incomprensione che rende più difficile la comunicazione.
A volte, è bene dirlo, se si vuole che il fundraising funzioni, bisogna limitarsi a copiare quello che funziona già. Stare nelle convenzioni e non cercare l’innovazione a tutti i costi è probabilmente la scelta migliore.