Nella rubrica di etica e finanza sembra naturale dare conto solo di aziende private e per niente di istituzioni pubbliche: le aziende fanno la finanza, le aziende siano etiche. Le istituzioni fanno e disfano ed è raro che per esse poniamo una questione di etica e di conti. Eppure le istituzioni dello Stato macinano oltre il 50% del prodotto interno lordo e l?andamento della economia non dipende meno da esse che dal comportamento delle aziende private. Apriamo quindi l?attenzione anche alle amministrazioni pubbliche e cominciamo dalla amministrazione penitenziaria. In particolare concentriamo la nostra attenzione sul grado di efficienza della polizia penitenziaria. Il rapporto fra numero di addetti e detenuti presenti in uno stesso istituto costituirà il nostro indicatore. Quando il rapporto è alto significa, in via generale, che ci sono molti agenti per pochi detenuti. Il contrario quando il rapporto è basso. L?inefficienza dell?amministrazione è invece misurata dalla larghezza della forbice che si apre confrontando gli indicatori nei diversi carceri. Una gestione oculata prevederebbe infatti che il rapporto fra agenti e carcerati fosse uniforme su tutto il territorio nazionale. Così non è. Come si evince dalle tabelle che pubblichiamo e che prendono in esame alcune città campione dove è stato possibile ottenere i dati ufficiali sul numero di addetti in servizio (dato che, per esempio, non è disponibile per gli istituti del Lazio, della Campania e della Sicilia). Prendiamo in esame nello specifico due situazioni. Quella pre indulto, con le carceri superaffollate. e quella post indulto, che ha visto le presenze negli istituti tornare a livelli regolamentari. In entrambi i casi il rapporto fra addetti e detenuti risulta estremamente difforme a seconda del penitenziario preso in esame. Se ne deduce che da questo punto di vista il numero dei detenuti non incide sull?efficienza della distribuzione geografica del numero degli addetti.
Paolo D?Anselmi
hanno collaborato Simone Morganti e Romina Giannini
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