Non profit

Quarantamila testate, ma la libertà di stampa è ancora al grado zero

Cambi di proprietà pilotati, ferreo controllo governativo. E omicidi che rimangono impuniti

di Redazione

Oltre 40mila giornali, zero libertà. Incrociando i dati della stampa russa ci sono contraddizioni che emergono più forti che mai, numeri quasi schiaccianti nel Paese dove i delitti contro i giornalisti rimangono, per lo più, impuniti.
Secondo quanto riportato da Freedom House, il governo russo possiede due dei 14 quotidiani nazionali, oltre il 60% degli 45mila periodici e quotidiani locali, tutte e sei le reti televisive nazionali e due stazioni radio nazionali. E come se non bastasse, Bbc Monitoring, storico ente della tv di Stato britannica, riporta che la vera brutta notizia non riguarda i dati, quanto i cambiamenti ben precisi, attuati a partire dal 2005, che potenti uomini d’affari hanno organizzato, in accordo con numerosi politici locali e nazionali, per mettere a tacere le proprietà dei giornali.
Nella sua operazione anti oligarchi, il Cremlino si è “assicurato” nuovi giornali, come il quotidiano Izvestia, passato in mano a Gazprom proprio nel 2005 e, dal 2008, alla compagnia assicurativa Sogaz.
Nell’elenco dei passaggi di mano figurano anche Kommersant, oggi di proprietà di Alisher Usmanov, responsabile di una sussidiaria della compagnia energetica di Stato, e Nezavisimaya Gazeta, un tempo in mano all’oligarca Boris Berezovsky ma acquistata, sempre nel 2005, da Konstantin Remchukov, consulente del governo russo.
Cambi di proprietà che portano al 2009, l’anno nero della stampa russa. Secondo quanto dichiara Reporters sans frontières (che ha retrocesso l’ex Urss al 153esimo posto su 178 nel 2010), l’anno della fine ufficiale delle operazioni militari in Cecenia ha segnato un ulteriore e negativo punto di svolta per la libertà di stampa. Cinque i giornalisti uccisi, 22 dall’inizio del 2000. Tra i morti, Anastasia Baburova, l’ennesima giornalista di Novaya Gazeta, uccisa a colpi d’arma da fuoco in pieno centro a Mosca mentre si trovava in compagnia dell’avvocato e attivista Stanislav Markelov, anch’egli morto sul colpo.
Numerosi omicidi che, spesso, rimangono impuniti per l’esplicito rifiuto delle autorità di aprire inchieste o perseguire i presunti colpevoli. E proprio il caso Baburova è emblematico di un’altra, sinistra ondata di minacce che vede protagonisti quei gruppi neonazisti su cui la giovane reporter stava indagando al momento della sua morte.
Secondo quanto dichiara Reporters sans frontières, i “Nachi” (dal nome del gruppo di giovani ultranazionalisti) hanno lanciato, a partire dal 2009, una nuova offensiva a colpi di querele (coinvolgendo anche Le Monde e l’Independent) con l’esplicito obiettivo di mettere in seria difficoltà giornali e radio locali che osino raccontare retroscena e complicità tra ultranazionalisti e politica.
E nonostante i responsabili dell’omicidio della Baburova siano stati condannati all’inizio di maggio 2011, sembra non esserci speranza per la Russia. Proprio in questi giorni il giovane giornalista Yakhya Magomedov è stato trucidato a colpi d’arma da fuoco mentre usciva dalla casa del fratello nella zona di Daghestan, Caucaso russo.

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