Welfare

Quattro dosi di realismo per uscire dal tunnel

Dipendenze. Emergenza continua: l’Italia ora guida la classifica di consumo di hashish

di Redazione

Fallimento». Non ha cercato scorciatoie il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero nel suo recente intervento di fronte alla 51esima sessione della Commissione delle Nazioni Unite sugli stupefacenti riunita a Vienna. «La realtà», ha ammesso, «è che non siamo riusciti ad incidere in modo significativo né sui consumi né sulla produzione».

I numeri lo dimostrano. In Europa non c?è nazione che superi l?Italia nel consumo di hashish. Mentre nella classifica della cocaina siamo preceduti solo da Gran Bretagna e Spagna. Altre cifre. Tornano a crescere i morti per droga: riferisce la Polizia di Stato che nel 2007 sono stati 589, il 6,9% in più rispetto ai 551 decessi del 2006. Nello stesso periodo è triplicata anche la diffusione di sostanze sintetiche (i sequestri sono aumentati di oltre il 193%) e da più parti si stanno moltiplicando gli allarmi per un imminente sbarco in Italia di una straordinaria ondata di eroina. Secondo il Viminale, le ?importazioni? di brown sugar dal solo Afghanistan l?anno scorso hanno toccato il massimo storico di 820 tonnellate.

Le conseguenze? L?ultimo studio di PrevoLab, il centro studi milanese guidato dal professor Riccardo Gatti, sostiene che i consumatori di cocaina in Italia entro il 2010 arriveranno a toccare quota 1,1 milioni, ovvero il 3% della popolazione fra i 15 e i 54 anni, mentre aumenteranno di un terzo i consumatori di cannabis. È possibile infine, quantificare un aumento fra il 10 e il 20% dei consumatori di eroina. Nel frattempo, come denuncia una nota della Federserd, la Federazione italiana degli operatori delle dipendenze, «la rete dei servizi delle dipendenze, pubblici e privati, è al collasso». Tanto che oggi solo il 2% dei consumatori di cocaina sono presi in carico dai servizi.

Di fronte a un disastro di questa portata, la classe politica, come dimostra anche l?attuale campagna elettorale (per altro molto fiacca su questi temi), si è asserragliata dietro polemiche ormai ammuffite: legalizzare-punire, droghe pesanti-droghe leggere, kit sì-kit no. Eppure lo spazio per rendere più moderno ed efficace il sistema di intervento ci sarebbe. Anche senza scatenare battaglie etiche su un tema così sensibile. Come? Gatti individua quattro priorità su cui il prossimo governo dovrà, giocoforza, prendere una posizione.

Un hub per le dipendenze

Il confinamento della regia della politiche antidroga all?interno di un unico ministero, nella fattispece proprio quello di Ferrero, si è rivelato un boomerang. Spiega Gatti: «Il ripristino di un organo tecnico centrale di stanza presso la Presidenza del Consiglio è imprescindibile. In questo modo, infatti, si supererebbero le inevitabili gelosie che di fatto rendono complicata la collaborazione fra più ministeri su una materia così complessa».

Il dipartimento Antidroga fu introdotto dall?ultimo governo di centrodestra per poi essere sciolto dall?Unione di centrosinistra. «Quello fu un esperimento effimero per poter essere valutato», sostiene Gatti.

Nella sua road map, lo psichiatra milanese al nascituro dipartimento, dotato di un fondo ad hoc, affida tre compiti principali: «il coordinamento degli interventi ministeriali, la supervisione delle attività regionali e l?istituzione di un osservatorio in grado di monitorare in corso d?opera l?impatto delle politiche messe in atto». L?ipotesi è quella di un sistema di allerta rapido sul modello di quello nato, in via sperimentale, in Lombardia.

Fermi agli anni 70

Attualmente la legge cardine che regola la materia è la 685 del 1975. Le riforme del 1990 (Vassalli-Jervolino) e quella del 2006 (Fini-Giovanardi) costituiscono delle modifiche di quell?impianto. Che però non hanno inciso sull?impalcatura generale.

«Quella norma», interviene Gatti, «è stata cucita su misura alla figura del tossicodipendente: oggi però a fianco dei ?vecchi? tossici ci sono tante persone che usano o abusano di sostanze, senza che questo li costringa a vivere ai margini della società».

A fronte di un quadro così diverso rispetto a 30 anni fa, cosa dovrebbe fare il legislatore? «Concepire una norma che applichi i principi della sicurezza e della riduzione del rischio non solo ai consumatori, ma anche a chi si interfaccia con loro». Per esempio la sicurezza del passeggero di un autobus guidato da un autista-consumatore. Ma non solo. «Una norma al passo coi tempi dovrà modulare i suoi interventi, anche in termini di recupero, a seconda delle esigenze ?personali? dei consumatori».

Politica estera

«In Italia gli interventi sulle dipendenze sono considerati strettamente una materia da affari interni», continua Gatti. L?assenza di una rete per lo meno europea ha un costo pesante in termini di efficacia. «Mi chiedo perché non sia possibile creare un sistema di cooperazione internazionale, magari prevedendo anche uno scambio di utenze».

L?Italia in questo senso avrebbe molto da offrire, ma anche tanto da guadagnare. «Sul versante dei servizi territoriali e comunitari siamo all?avanguardia, ma l?evoluzione e la complessità delle tipologie degli assuntori e della modalità di consumo necessiterebbero di centri clinicizzati che però da noi ancora non esistono».

Formazione, questa sconosciuta

Medici generici, psichiatri, psicologi, infermieri ed educatori: sono queste le figure che operano all?interno dei servizi. Secondo Gatti, però, spesso soffrono di un deficit professionale, che «colmano solo dopo anni di pratica».

In effetti malgrado la pervasività dei consumi in ambiti sociali sempre più vasti, sul lato della risposta non esiste alcuna formazione specifica. «In questo senso la nostra cultura», ammette Gatti, «è di stampo generalista». Un ostacolo che si potrebbe superare coinvolgendo le università, «che, oltre ad essere luoghi di trasmissione del sapere, hanno a portata di mano gli strumenti per affinare la ricerca in un campo che, specie sul versante delle droghe sintetiche, cambia volto di giorno in giorno».

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