Dopo avere praticamente azzerato i fondi della cooperazione, il governo italiano intende ora finanziare la diga Gibe III in Etiopia con 250 milioni di euro. Un progetto sul quale pesano gravi irregolarità procedurali e contro il quale protestano pressoché tutte le ong italiane (nella foto, una manifestazione di attivisti di fronte alla sede romana dell’Onu) oltre ad un folto gruppo di internazionali. La vicenda comincia nel 2004 quando la Dgcs approva il più grande credito d’aiuto mai concesso prima dalla cooperazione italiana, 220 milioni di euro per la costruzione dell’impianto idroelettrico Gilgel Gibe II. I lavori, già iniziati, sono assegnati dal governo etiope ad un’azienda italiana – la Salini Costruttori – senza gara d’appalto e sulla base di studi ambientali giudicati parziali dalla stessa Direzione generale. Inoltre, il ministero dell’Economia aveva espresso un parere sfavorevole. Nonostante le valutazioni negative, il progetto viene approvato. A gennaio del 2010 l’impianto viene inaugurato alla presenza del ministro Frattini e delle autorità etiopi. Due settimane dopo, il tunnel, infrastruttura principale dell’impianto, crolla. Ad oggi l’impianto non è ancora in grado di produrre energia elettrica.
E non fosse bastato Gibe II con i relativi scandali, adesso arriva Gibe III?
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