di Sergio D’Angelo*
Il sistema italiano di welfare, a fronte dei cambiamenti demografici e della composizione stessa della società, deve finalizzare in modo più idoneo le risorse disponibili, accrescere la dimensione degli investimenti per le politiche attive del lavoro, le politiche per la casa, i servizi di cura alle persone, partendo dalle cresciute aspettative di vita e dalla riduzione della natalità, dalla necessità di più lunghi periodi di formazione scolastica, dalla maggiore mobilità del lavoro. La qualità dello sviluppo è importante quanto il tasso di crescita economica: per questo la povertà va combattuta, le disuguaglianze devono essere contenute entro limiti accettabili e socialmente sostenibili, e le politiche pubbliche devono essere indirizzate ad attività in grado di favorire il miglioramento nel lungo periodo del tenore di vita dei cittadini. Il principio da assumere è quello di soddisfare le esigenze attuali senza compromettere la possibilità di soddisfare quelle delle generazioni future. Il welfare deve fare i conti con i nodi della riforma del sistema previdenziale e della sanità, in modo da garantire sostenibilità di lunga durata, capacità di tutela delle condizioni di vita delle fasce più deboli della popolazione, equità tra le persone e le generazioni.
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