Welfare

Quelle cose che non si sanno di noi

I ragazzi di Yalla Italia

di Redazione

Una riflessione a ruota libera
in redazione dopo il caso di SanaaIl giorno dopo il delitto di Sanaa, alcuni redattori di «Yalla Italia» si sono trovati in redazione a Vita per ragionare e capire. Ecco alcuni spunti emersi dallo scambio di vedute.

La comunità ambivalente. La comunità passa dall’essere assente alla pressione esasperante. Le comunità musulmane devono saper contestualizzare il ruolo di “agenti del bene ordinario”, cioè il dovere coranico di occuparsi del benessere dei vicini di casa, degli amici, dei parenti. Devono tener conto del contesto.
Reality Check. Esperienza dal vivo: gli ospedali milanesi sono pieni di donne marocchine musulmane che partoriscono figli concepiti con uomini italiani. Per nessuno è uno scandalo.
Troppe pressioni. Il padre sapeva della relazione e l’aveva anche accettata. Poi, di punto in bianco, ha avuto quella reazione. Esponenti della comunità marocchina hanno fatto pressione su di lui, gli hanno fatto sentire la vergogna che il comportamento della figlia fa ricadere sulla famiglia. Rendere pubblico il fatto che il padre non fosse stato in grado di esercitare l’autorità paterna sulla figlia è stato decisivo.
Comunicare come? Il comunicato della Gmi (i giovani musulmani) che accostava il padre di Sanaa ad Anna Maria Franzoni, non è sembrato fuori luogo. Si può discutere sul contenuto, ma davanti ad una comunicazione aggressiva in senso anti musulmano bisogna opporre concetti e immagini forti.
Sensi di colpa. Non se ne parla mai. Ma spesso chi qui ha successo e guadagna, vive sensi di colpa verso chi è rimasto nei Paesi di origine o verso altri membri della comunità. Un fattore psicologico di cui non si tiene sufficientemente conto.
Scuola fuori posto. A Milano la scuola di via Ventura è ancora piena di ragazzi che escono dalla terza media senza sapere l’italiano. Che cosa vogliono da loro i genitori? Perché ne condizionano in questo modo il futuro?

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