La stampa cattolica e la Conferenza episcopale italiana non hanno lesinato attestati di stima e parole di commozione per la morte di Francesco Cossiga. Ma le gerarchie hanno dovuto far finta di dimenticare gli scontri, aspri e imbarazzanti, che hanno segnato i rapporti fra la Cei e lo statista sardo negli ultimi trent’anni. Al tempo della prima guerra del Golfo, coerente con il suo atlantismo, il presidente si schierò con foga dalla parte dell’intervento americano ignorando gli appelli del papa. Nel 1992 la sua polemica contro il ?pacifismo’ cattolico lo portò a non firmare la legge sull’obiezione di coscienza sostenuta dalla Caritas e già approvata dal Parlamento. Alquanto infastidito il 23 febbraio Avvenire arrivò a suggerirgli di dimettersi. Lui rispose con una nota ufficiale del Quirinale in cui chiedeva ai vescovi di chiarire se l’editoriale del quotidiano (firmato dal direttore Lino Rizzi) riflettesse o meno il loro pensiero. Il 25 febbraio i vescovi confermarono la fiducia nel direttore di Avvenire. Cossiga controreplicò in serata con una nuova gelida nota in cui annunciava che avrebbe investito del caso il Governo della Repubblica (ovvero Andreotti). Il giorno dopo sciolse le Camere.
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