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Qui Lojane, dove si infrange il sogno europeo dei migranti

di Redazione

Fra quattro pilastri di cemento, accovacciati su un pavimento polveroso, quattro ragazzi pachistani aspettano un autobus che li riporti indietro. Il palazzo dove si rifugiano è abbandonato, non ci sono più pareti, sono crollate. I bambini escono da scuola. Ovunque, sui muri delle case affacciate lungo la strada, qualcuno ha lasciato scritte che inneggiano all’Uck, l’Esercito di Liberazione del Kosovo. Lojane, un piccolo villaggio nell’estremo Nord della Macedonia, è diventato il nuovo crocevia dei migranti. Dietro le sue colline si stendono i campi e gli alberi della Serbia. I quattro ragazzi pachistani hanno tentato più e più volte di raggiungere quell’orizzonte verso la Serbia, e poi dritti, in Austria e in Europa. Ma sono sempre stati rimandati indietro dalla polizia serba. «È difficile arrivare dall’altra parte. Gli agenti di là non scherzano. Ti prendono, a spintoni ti caricano in un pulmino e ti riportano sul confine macedone», racconta il più giovane. «Ora dobbiamo tornare ad Atene, dai nostri connazionali, e lì lavorare per mettere da parte i soldi e continuare il viaggio».

Confini e Facebook
A Lojane stazionano centinaia di migranti come loro. Nascosti in edifici abbandonati, nei fienili o nelle case della gente del posto. C’è chi offre da dormire ad afgani e somali di passaggio per 5 euro a notte. Ci sono anche iraniani, maghrebini, subsahariani. Tutti diretti in Serbia. «I primi sono arrivati due anni fa. Poi il loro numero è cresciuto di mese in mese. Ora sono 500, anche 600 in questo periodo. Per il villaggio la situazione è inaccettabile. Non c’è nessun ente governativo o umanitario che coordini la situazione. Siamo abbandonati a noi stessi», racconta preoccupato il sindaco del posto, Shpend Destani, con in mano una delle lettere di protesta e sollecito inviate ai politici di Skopje. «Arrivano in macchina, a piedi, qualcuno in taxi. A farli arrivare qui sono i trafficanti d’uomini, gli smugglers, gente che oramai si è trasferita in paese. Li conosco tutti, ho i loro numeri di telefono».
A Lojane vivono più o meno 2mila persone, tutte di etnia albanese. Metà del villaggio è immigrato all’estero, soprattutto in Svizzera e Germania. Le strade sono di fango. C’è una moschea con un minareto e qualche piccolo caffè illuminato. I migranti, intabarrati nei loro abiti lisi, camminano avanti e indietro tutto il giorno, con gli occhi stanchi. Li riconosci dagli albanesi solo perché hanno la pelle più scura. Siedono nei caffè. Si infilano nei cortili delle case carichi di buste della spesa. Passano i pomeriggi nel minuscolo internet point del villaggio, dove navigano per ore attaccati a Facebook a sfogliare foto dei familiari, chattare con amici. «Sono dieci volte che la polizia serba mi rimanda indietro. Domani riprovo. L’ultima volta eravamo già dall’altra parte del confine. Dormivamo in una casa. Poi gli agenti hanno fatto irruzione e ci hanno riportati in Macedonia», racconta un ragazzo arrivato fin qui dall’Algeria. Anche lui, come tutti quelli arrivati a Lojane, è passato attraverso la Turchia e poi la Grecia.

Rete internazionale
Si calcola che l’anno scorso abbiano varcato il confine greco-turco per arrivare in Europa 47mila irregolari, entrati soprattutto attraverso la regione orientale del fiume Evros. «Il cento per cento di chi arriva in Macedonia penetra dalla Grecia», spiega Sande Kitanov, capo dell’unità di polizia macedone che combatte il traffico di esseri umani e lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina. «Varcano il confine sud, nella regione di Gevgelija, con l’aiuto di altri migranti irregolari. Poi salgono in macchina e arrivano direttamente nella regione del Nord. Gli organizzatori del loro viaggio sono prevalentemente gruppi di albanesi. Gli autisti però sono macedoni. Il giro di criminalità interna che smista l’immigrazione irregolare ha poi delle connessioni nella rete internazionale di smuggler».
A Lojane e in tutta la regione di Kumanovo anche gli abitanti del posto, in cambio di un po’ di denaro, fanno da autisti per l’espatrio oltreconfine. Il viaggio attraverso la Macedonia costa a un migrante dai 300 ai 500 euro. L’hanno scorso Kitanov e la sua squadra hanno sgominato 6 bande di trafficanti d’uomini, ciascuna formata dalle 10 alle 20 persone. La polizia di frontiera macedone nel 2011 ha intercettato lungo il confine Nord 37 migranti irregolari e, invece, circa 148 nei pressi di quello Sud.
Il passaggio in Macedonia è comunque più massiccio di quanto questi numeri rivelino. Basti pensare che nel 2011 le richieste d’asilo in Serbia sono schizzate a 9mila. E poi ci sono gli afgani, i pachistani e i somali che vengono respinti dalla polizia di frontiera serba in Macedonia. Il loro numero è un buco nero.
Secondo gli accordi internazionali di Dublino, anche la Macedonia dovrebbe respingere in Grecia chi entra illegalmente dal Paese ellenico. Ma i rapporti politici fra i due Stati sono molto complicati. Da cinque anni Atene continua a mettere il veto sull’ingresso di Skopje nella Nato e nella Ue a causa di una disputa sul nome Macedonia che questo brandello della ex Jugoslavia ha scelto dopo la sua indipendenza: «Solo in un caso la Grecia ha riammesso nei suoi confini degli irregolari intercettati in Macedonia. Così tutti chiedono asilo in territorio macedone e poi proseguono il loro viaggio verso il Nord», spiega Ivona Zakovska, responsabile dell’Iom di Skopje.
Il piccolo paese e tutta la regione circostante sono un crocevia di contrabbandi d’armi e traffici d’uomini da 10 anni. Nel 2001 la zona è stata teatro della

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