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R.D.CONGO. Avsi: borse di studio per i figli del cooperante ucciso

L'ong italiana lancia un'iniziativa per sostenere la famiglia del responsabile dei progetti educativi ucciso il 15 dicembre

di Redazione

Boduin Ntamenya, 52 anni, operatore congolese dell’ong italiana Avsi in Kivu, è stato ucciso il 15 dicembre mentre stava svolgendo il suo lavoro in zona di guerra, nel territorio di Rutshuru. Boduin si occupava dei progetti educativi dell’organizzazione e stava censendo le scuole che avevano aperto i battenti dopo gli ultimi scontri tra le truppe governative e i ribelli.

Boduin lascia 6 figli e la moglie Abisi Verdiane. «Sono parte di noi e della nostra storia» sottolinea Edoardo Tagliani, rappresentante di AVSI in Congo. Per questo Avsi ha istituito un fondo come borsa di studio per i sei figli di Boduin; chi volesse contribuire può farlo con una donazione, visitando la sezione del sito di Avsi “Come aiutarci” (scrivendo come causale: “fondo per figli di Boduin – Congo”).

Boduin lavorava per l’Ong italiana AVSI da quasi due anni e si occupava di educazione in emergenza. Faceva parte di una equipe di formatori che appoggia e sostiene gli insegnanti e gli studenti che lavorano e studiano in zone di conflitto. Lunedì mattina Boduin è partito alla volta di Rutshuru con Ciza Deo Gratias, 57 anni, autista di AVSI fin dal 2003. «Entrambi conoscevano bene il territorio in cui si stavano inoltrando, perché da anni, con coraggio, generosità e passione, lavoravano per dare speranza al loro Paese e ai loro fratelli, accettando di addentrarsi tra le colline e le foreste del Congo in zone dove la guerriglia è all’ordine del giorno» si legge in un comunicato di Avsi.

«Lo scopo della missione era di censire esattamente le scuole che avevano aperto i battenti dopo gli ultimi scontri tra le truppe governative e i ribelli. In accordo con Unicef, AVSI vuole infatti proporre corsi pomeridiani alle decine di migliaia di bambini che, a causa del conflitto, hanno perso oltre tre mesi di scuola. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, a pochi chilometri dalla meta l’automobile di AVSI è stata attaccata da quattro banditi armati che hanno aperto il fuoco sull’auto».

Boduin, colpito in pieno dalla raffica, è morto prima di raggiungere l’ospedale del villaggio. Deo Gratias è stato colpito ad una mano e al ventre. Nonostante le ferite, ha continuato a guidare per oltre un chilometro fino a che la jeep, danneggiata al motore, si è spenta. In questo modo è riuscito a portarsi fuori dal raggio di tiro dei banditi. Operato d’urgenza dallo staff di Medici Senza Frontiere di Rutshuru, è fuori pericolo. I caschi blu che operano in zona, insieme alle principali agenzie ONU e ad Avsi, stanno cercando di far luce sulla dinamica degli avvenimenti.

«Nonostante il dolore, la rabbia e la disperazione per questo brutale assassinio, Avsi chiede giustizia e non violenza, ricordando le parole di Karol-Wojtyla nel messaggio in occasione della giornata della pace nel gennaio 2002: “Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”» continua il comunicato. «Perché la vita stessa del nostro collega, ogni sua scelta caparbia e il suo instancabile impegno, sono la testimonianza chiara dei principi che Boduin non ha mai sbandierato con lunghi discorsi, ma ha dimostrato sul campo fino al suo ultimo respiro. Noi siamo certi che se Boduin fosse oggi con noi, chiederebbe giustizia e non violenza. Perché ne era convinto. Era convinto che la guerra fosse la negazione della giustizia e il trionfo della violenza. Come insegnava nelle sue formazioni, la violenza porta solo violenza. E per sconfiggere la violenza abbiamo una sola arma efficace a nostra disposizione: il perdono. Un’arma difficile da maneggiare. Un’arma che a prima vista sembra spuntata. Un’arma che pare aumentare l’ira e lo sconforto invece di placarli. Ma l’alternativa è la vendetta, che brucia ogni speranza di pace».

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