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Raid aereo sui manifestanti

Un milione in piazza a Tripoli, la polizia spara sui dimostranti. Condanna Onu e Ue

di Redazione

La polizia libica ha iniziato una dura attività di repressione contro la manifestazione iniziata questo pomeriggio nel centro di Tripoli contro Muammar Gheddafi. Secondo la tv araba ‘al-Jazeera’, approfittando dell’interruzione delle linee telefoniche in tutto il Paese, la polizia sta sparando contro i manifestanti in piazza, che si ritiene siano almeno un milione.

Non solo. Caccia militari dell’aviazione libica avrebbero anche eseguito dei raid contro i manifestanti. La notizia è stata data da ‘al-Jazeera’, mentre ‘al-Arabiya’ riferisce che alcuni aerei che trasportano miliziani stranieri sono atterrati questo pomeriggio nell’aeroporto di Tripoli.

In precedenza nella capitale i manifestanti hanno dato alle fiamme la sede centrale del governo a Tripoli e altre sedi istituzionali. Anche la tv di Stato e diverse stazioni di polizia sono state prese di mira e incendiate. Secondo un testimone contattato da ‘al-Jazeera’ sono andate in fiamme anche le sedi governative che si trovano nella piazza ‘al-Shuhada’ della capitale.

Anche mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario Apostolico di Tripoli, ha confermato oggi al Sir, l’agenzia della Cei, che ”stanotte sono bruciati alcuni palazzi, simboli del potere”.

Per ‘al-Arabiya’, la sede dell’emittente di stato è stata razziata e, secondo il sito informativo libico ‘al-Manara’, bande armate stanno circolando per il quartiere di al-Azizia. Queste bande starebbero assaltando e razziando gli uffici pubblici, approfittando appunto dell’assenza della polizia. Gruppi armati hanno anche attaccato la caserma di al-Baraim, che dista 10 chilometri dal centro di Tripoli.

Secondo testimoni citati da ‘al-Jazeera’ sarebbero agenti della polizia e della sicurezza libica i responsabili dei saccheggi alle sedi istituzionali. Alcuni agenti della sicurezza avrebbero abbandonato il loro lavoro a causa dello stato di anarchia in cui è caduta la città, compiendo razzie e saccheggi. In particolare sono state saccheggiate le sedi di alcune banche cittadine.

GIALLO SULLA SORTE DI GHEDDAFI – Si rincorrono le voci secondo le quali il leader libico Muhammar Gheddafi potrebbe essere in viaggio verso il Venezuela. Il ministro degli esteri inglese William Hague a Bruxelles, dicendo di avere avuto informazioni dal Foreign Office che lascerebbero pensare che il rais sia in viaggio verso il paese sudamericano. Già ‘al Jazeera’ in precedenza aveva parlato del Venezuela come destinazione del Colonnello.

Mentre due caccia Mirage libici sono atterrati oggi a Malta. I due piloti, rivelano fonti citate dal Times of Malta, hanno chiesto l’autorizzazione all’atterraggio di emergenza e per rifornimento. Poco prima dei due caccia all’aeroporto internazionale di Malta erano atterrati due elicotteri civili provenienti dalla Libia con a bordo sette persone. Secondo le fonti citate dal sito del quotidiano maltaese, i due elicotteri hanno lasciato la Libia senza l’autorizzazione. E solo uno dei passeggeri, che sostengono di essere francesi, e’ in possesso di un passaporto.

SI DIMETTE IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA – Il ministro della Giustizia libico ha rassegnato le dimissioni. Lo riferisce il quotidiano libico ‘Quryna’. Spiega il giornale che Mustafa Abdeljalil ha comunicato con una telefonata alla sede del quotidiano di aver presentato le sue dimissioni “per protestare contro la violenza usata dall’esercito nei confronti dei manifestanti”.

LA SITUAZIONE A BENGASI – “Ci siamo uniti ai manifestanti e operiamo in città in difesa del popolo”, ha annunciato dal canto suo un ufficiale della polizia di Bengasi, Mustafa Rafiq, nel corso di un collegamento telefonico con al-Jazeera’. “In questo momento a Bengasi non ci sono militari fedeli a Muammar Gheddafi – ha aggiunto – e i manifestanti controllano la città”.

Negli ultimi cinque giorni di proteste “sono 300 i morti che abbiamo contato a Bengasi”, ha affermato il medico libico Ahmad Bin Taher, in collegamento telefonico con la tv araba ‘al-Jazeera da Bengasi. “Abbiamo trovato i cadaveri di 11 soldati all’interno di una caserma dell’esercito – ha aggiunto – e abbiamo saputo che si tratta di soldati che si sono rifiutati di aprire il fuoco contro i manifestanti”.

Ad al-Zawiyah, 30 chilometri ad ovest di Tripoli, “le unità dell’esercito libico presenti nella città si sono uniti a noi manifestanti contro Muammar Gheddafi” ha detto un manifestante, Sula al-Azibi, ad ‘al-Jazeera’. “I soldati e gli ufficiali presenti in città si sono uniti a noi – ha affermato – ora abbiamo anche i loro carri armati. Abbiamo saputo che elicotteri militari stanno sorvolando Tripoli e aprono il fuoco sui manifestanti”.

LA POSIZIONE DEGLI ULEMA – “La ribellione contro il regime di Muammar Gheddafi è un dovere religioso per ogni musulmano libico” è la posizione assunta dall’Unione degli ulema islamici in Libia. Secondo quanto riferisce la tv satellitare ‘al-Arabiya’, il clero islamico si è schierato con i manifestanti invitando il popolo alla rivolta che sarebbe “un dovere individuale di ogni fedele”.

MESSAGGIO ALLA NAZIONE DEL FIGLIO DI GHEDDAFI – La Libia è a rischio guerra civile. Così nella notte, in un messaggio lanciato alla nazione alla tv, si è espresso Saif al Islam, il figlio di Muammar Gheddafi. ”Siamo a un bivio – ha detto il figlio del Colonnello – la guerra civile tra le tribù con decine di migliaia di morti. Oppure l’avvio di un dialogo nazionale già da domani, in 48 ore”.

Ed ha assicurato che il padre ”non è un leader come Ben Ali o Mubarak” ed è sostenuto dall’esercito. Ha ammesso che le forze di sicurezza hanno commesso ”errori” nel loro intervento contro la folla di manifestanti, perché, ha detto, non sono state addestrate a questo genere di operazioni, ma ha smentito che siano state uccise centinaia di persone a Bengasi nella violenta repressione delle proteste, così come denunciato da fonti mediche e dell’opposizione. ”Combatteremo fino all’ultimo, fino all’ultima pallottola”, ha dichiarato, precisando che oggi si riunirà il Parlamento per discutere un ”chiaro” programma di riforme e l’aumento dei salari. ”Dovremo definire una costituzione per il Paese”, ha aggiunto. Il Paese precipiterà in una situazione ”più grave di quella dell’Iraq” se prosegue la violenza, ha quindi ammonito, denunciando la presenza di ”elementi stranieri” nel Paese, e di un piano per stabilire un ”emirato islamico” in Libia. Quello che sembrerebbe ormai certo è che Gheddafi, che non appare in pubblico ormai da alcuni giorni, non si trova in queste ore nella capitale.

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