Volontariato
Reggio Emilia, il bilancio sociale delle coop sociali di Legacoop
Significativi i risultati sociali ed economici di un settore sempre in espansione. Luci ed ombre preoccupanti nel rapporto con le pubbliche amministrazioni
di Redazione
Sono stati presentati oggi i risultati del Bilancio sociale di settore delle cooperative sociali reggiane aderenti a Legacoop. Il dettagliato rapporto è stato illustrato dal presidente e dal segretario generale di Legacoop Ildo Cigarini e Mauro Degola, dal responsabile delle cooperative sociali Francesco Malpeli, da Dino Terenziani, che ha coordinato la stesura del Bilancio sociale e dal presidente di Coopselios Ivano Grasselli. Non sono mancate riflessioni anche preoccupate sul rapporto tra cooperazione sociale e amministrazioni pubbliche nella nostra regione.
I dati emersi dal Bilancio sociale, giunto alla quinta edizione, che si riferisce al biennio 2004-2005, mettono in luce diversi aspetti di grande interesse. Le cooperative sociali censite dalla ricerca passano da 24 a 31: occupano 3475 addetti e realizzano un fatturato di oltre 100 milioni di euro. Anche l?analisi dei bilanci segnala buone performance dei risultati economici. Rimangono escluse dall?analisi 8 cooperative che rappresentano appena l?1,5% del totale del campione e dunque non sono statisticamente rilevanti.
?Il settore dunque va bene ? è il primo commento di Legacoop ? sia per i risultati economici che specialmente per quelli sociali, ma è inserito in una fase di incerte prospettive. Con uno slogan si potrebbe dire che il passaggio, da molti auspicato, dal welfare-mix al welfare comunitario fatica più del previsto a realizzarsi.?
Per quanto riguarda le cooperative sociali che svolgono attività socioassistenziali ed educative (tipo A) mancano certezze del quadro normativo. La legge sull?impresa sociale non decolla e non si sa se essa rappresenti una opportunità o una minaccia; la Legge 328 del 2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali ha subito nei cinque anni del governo di centro destra l?ostracismo attuativo e non ha dispiegato tutte le sue potenzialità. Anche le novità contenute nella Legge regionale 2 del 2003 stenta a dare i frutti attesi. ?A proposito di questa legge che ci riguarda da vicino ? è il commento di Dino Terenziani ? i Piani sociali di Zona ci sembra siano stati, in questi primi anni di applicazione, più un esercizio di manutenzione del consenso che una sede di vera programmazione partecipata. Sul ruolo delle Ipab trasformate in Aziende pubbliche di Servizi alla Persona (ASP) con dimensione distrettuale, c?è ancora molto da scoprire, perché il processo di trasformazione è tutt?altro che concluso. L?accreditamento è il tema più importante, perchè dovrebbe trasformare le modalità di affidamento dei servizi alla persona. A fine 2006 mancavano i provvedimenti attuativi, anche se abbiamo letto dichiarazioni di principio condivisibili. Ora c?è grande attesa per verificare come queste dichiarazioni si traducono nel dispositivo legislativo, preoccupati che i decisori politici possano frenare un ruolo di co-protagonista della cooperazione sociale, nel timore che essa non operi compiutamente per il bene comune e nella errata presunzione di una superiore razionalità ed eticità dei servizi resi dal Pubblico.?
?Sta emergendo ? spiega Ildo Cigarini ? un dato che va attentamente valutato: le cooperative sociali del settore socio-assitenziale ed educativo continuano a svilupparsi, ma sempre più fuori dall?Emilia-Romagna. Nella nostra Regione infatti non si è ancora passati dalla gestione diretta del pubblico alla creazione di un mercato vero dei servizi alla persona controllato dal pubblico. Anzi ? aggiunge il presidente Cigarini ? assistiamo a ritorni al passato, di enti locali che si riappropriano di servizi prima esternalizzati, attraverso pratiche discutibili: quelle di istituzioni culturali o assistenziali tra Comuni, che in quanto pubbliche evitano gli appalti e in quanto private applicano contratti di lavoro più economici del contratto dei pubblici dipendenti.? Questa operazione, che ha per i Comuni costi comunque maggiori del servizio gestito dalle cooperative, non offre agli utenti garanzie di maggiore qualità e agli operatori le opportunità di lavoro e di crescita professionale che le imprese sociali possono invece costruire.
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Nelle cooperative di tipo B, che svolgono attività di inserimento lavorativo, continua ad aumentare l?occupazione che nel 2005 vedeva 371 addetti, di cui ben 171 svantaggiati. ?Ci piace sottolineare ? è il commento di Mauro Degola ? come, nonostante le difficoltà economiche di un biennio che in Italia è stato a crescita zero e nonostante le forti restrizioni in capo agli Enti pubblici, il fatturato di queste cooperative sociali continua a crescere del 22% e arriva a 11,5 milioni di euro.? I termini economici del rapporto con la Pubblica Amministrazione permangono positivi e non è questione da sottovalutare. Sorgono invece alcune incomprensioni nello svolgimento quotidiano di tali rapporti, a volte visti solo in chiave di mercato. Certamente gioca in negativo il passaggio delle deleghe socio-assistenziali dall?Ausl ai Comuni, perché questi ultimi si trovano a gestire problematiche nuove, con una esperienza a volte inadeguata. ?Infatti la cosa che più preoccupa ? aggiunge il segretario generale di Legacoop ? è un qualche livello di sottovalutazione, proprio nelle Amministrazioni comunali, del ruolo svolto dalla cooperazione sociale di tipo B, il cui scopo è l?inserimento lavorativo. A volte pare che i nuovi amministratori pubblici pretendano di valutare la cooperazione sociale solo sul prezzo del servizio svolto.? ?Nuovi pubblici amministratori e nuovi dirigenti di enti locali, che non hanno vissuto il dibattito che ha prodotto e accompagnato la cooperazione sociale ? prosegue Cigarini ? intendono misurare la loro attività con i puri parametri della competizione aziendale. Questi dirigenti non si rendono conto che, messe sullo stesso piano di imprese ordinarie, le cooperative sociali non sono in grado di svolgere la missione per cui la comunità locale le ha volute e adottate: affrontare con maggiore dignità l?integrazione sociale di persone svantaggiate a costi complessivamente minori di quelli di una gestione assistenziale pubblica. L?efficienza delle imprese sociali deve contenere un confronto con i problemi così risolti alla comunità e non essere limitata ad un affare di costi puntuali su singoli business.?
?Le cooperative di tipo B ? aggiunge infine Francesco Malpeli ? se vengono considerate e accettano di essere marginali, non troveranno più le risorse umane, sociali, politiche per continuare la loro missione che, attraverso il diritto riconquistato al lavoro, di fatto produce diritto di cittadinanza per i più deboli.?
La tenuta della cooperazione sociale reggiana è anche legata al successo del Consorzio Quarantacinque. ?Ne registriamo uno straordinario sviluppo ? conclude Cigarini ? se si pensa che il Consorzio Quarantacinque si è organizzato nell?attuale forma solo nel 1999 e che ancora nel 2000 il fatturato non superava 100.000 euro, mentre attualmente il fatturato supera i 9 milioni di euro. Questi risultati sono stati resi possibili da iniziative di promozione, coordinamento e costruzione di una rete tra le associate, che valorizza specifiche esperienze gestionali ed imprenditoriali, know how settoriali, radicamenti e valori territoriali, capacità organizzative e risorse.?