Non profit

Ricchi e poveri con l’ascensore in comune

Qui Amsterdam

di Redazione

Se c’è un paese pioniere nell’housing sociale è l’Olanda. Se c’è un architetto pioniere nell’housing sociale in Olanda è Jacob van Rijs, uno dei leader dello studio MVRDV, che ha affrontato questo tema in modo sperimentale e sistematico da molti anni, grazie anche a una politica abitativa veramente riformista, che nei Paesi Bassi si discute e soprattutto si pratica già dagli anni 90.
Il Silodam Residence di Amsterdam è un esempio delle prime sperimentazioni, con alloggi social ma anche non social in un rapporto del 30% per i primi, veramente economici, contro il 70% dei secondi, veramente cari, secondo percentuali fissate dall’amministrazione comunale. Numeri e proporzioni che si ripetono tali e quali al Parkrand Residence di Rotterdam (2006). Nel paese in cui nello stesso albergo si trovano stanze a una stella e a cinque stelle, dallo stesso ascensore si va a una casa popolare e a una casa di lusso, con curiose esperienze di mix sociale che, a partire dal pianerottolo, si allargano alla città. «I costruttori hanno capito che si deve vivere bene in tutto il quartiere per far alzare il valore delle abitazioni. L’elevato grado di mix di questi grandi complessi scongiura il rischio di procurargli una cattiva nomea».
Ma la differenza sociale non è l’unica che si trova nei progetti residenziali degli MVRDV. C’è anche una differenza nel disegno degli edifici, all’interno del medesimo intervento. È il caso del progetto per la città di Almere. «Non vogliamo avere il classico blocco urbano di 200 appartamenti, ma 10 blocchi da 20 appartamenti», progettati da 25 architetti, provenienti da Olanda e Belgio, con regole ferree e condivise. Perché «il frazionamento del grosso palazzone ha sempre funzionato», dice van Rijs con una semplicità che, nell’Italia dei casermoni popolari e degli infiniti dibattiti sociologici sulle “Vele” di Secondigliano, gli invidiamo un po’.
In Olanda c’è spazio anche per esperimenti come quello di “Nuova Leyden”, appena concluso, in cui a progettare le proprie abitazioni sono stati gli stessi cittadini. Un’agenzia immobiliare ha gestito un concorso di progettazione diviso nelle categorie di architetti, studenti e persone comuni. Sono arrivati oltre 600 modelli a partire dai quali un architetto ha realizzato il progetto vero e proprio. «Ognuno ha potuto costruire la propria casa ideale. I vicini si sono messi d’accordo per comprare grosse quantità di materiale, per esempio il legno, per pagarle meno. In alcuni casi abbiamo fatto dei “bis”: se qualcuno apprezzava particolarmente il progetto di un altro, con un “copia e incolla” la casa si spostava in un’altra parte del quartiere. Alcuni turchi si sono fatti la casa con le loro ceramiche, altri l’hanno voluta in vecchio stile olandese». Sono state realizzate 500 unità abitative, che i costruttori hanno in buona parte dato in affitto.
Gli ultimi lavori degli architetti olandesi affrontano invece il nodo delle risorse che scarseggiano a fronte della continua crescita della popolazione urbana. In Cina (a Tianjing) e in India (a Pune) hanno provato a immaginare come dovrebbe essere una città del futuro con la densità abitativa di Honk Kong o Mumbai. Il tema dell’alta densità è stato declinato attraverso la scelta della grandissima diversità di tipologie, dalla casa monofamiliare al grattacielo. Tutto costruito e venduto in due anni. Facendo si impara, sembra suggerire Van Rijs, tanto che «facciamo tantissime foto degli interni delle case dopo l’utilizzo», secondo un metodo molto empirico e poco teorico da cui, forse, i colti architetti italiani hanno qualcosa da imparare.[L.M.]

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