Una biografia per uno dei personaggi più carismatici del 900. In Frère Roger, il fondatore di Taizé (autore Yves Chiron, editore San Paolo) si riporta anche un episodio emblematico della vita della comunità: l’amicizia con uno dei più grandi filosofi del 900, Paul Ricoeur (nella foto con Frère Roger). Nel 2001 Ricoeur volle spiegare cosa lo affascinava dell’esperienza di Taizé. Ecco una parte di quella sua testimonianza.
Cosa vengo a cercare a Taizé? Direi una sorta di sperimentazione di ciò che io credo profondamente: e cioè che tutto ciò che generalmente va sotto il nome di “religione” ha a che fare con la bontà. Le tradizioni del cristianesimo lo hanno un po’ dimenticato. C’è una specie di chiusura, di ripiegamento sul senso di colpa e sul male. Non che io sottovaluti questo problema, che del resto mi ha tenuto occupato per decenni. Ma ho bisogno di verificare la mia convinzione che, per quanto il male sia radicale, non è mai profondo quanto la bontà. E se la religione, le religioni, hanno un senso è di liberare il fondo di bontà degli uomini, di andarlo a cercare là dov’è sepolto. Ora, qui a Taizé, vedo delle irruzioni di bontà. Vedo migliaia di giovani che non hanno un’articolazione concettuale del bene e del male, ma che hanno una tendenza fondamentale verso la bontà. La bontà è più profonda anche del male più profondo. Ma non basta registrare questo fatto, bisogna dargli anche un linguaggio, e il linguaggio assegnato da Taizé non è il linguaggio della filosofia, né quello della teologia, ma è il linguaggio della liturgia. E per me la liturgia non è soltanto azione, è pensiero».
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