Mondo
Ripartiamo da Camaldoli
Serve un nuovo atto fondativo, che punti sui corpi intermedi e accetti il mercato, ma non le sue mitologie
di Redazione

Nel 1949, nelle sue Lezioni di Politica sociale, Luigi Einaudi esprimeva già l’idea di un’insufficienza del mercato, che è strumento adatto a soddisfare «domande, non bisogni». Oggi è fin troppo scontato affermare che senza regole e senza istituzioni che garantiscano l’applicazione del diritto, il mercato non funziona. Più difficile è individuare i livelli di normazione e di sanzione che garantiscano un equilibrato rapporto, senza sconfinare da un lato nella deregulation, dall’altro nell’ipertrofica della norma. Forse, l’unione di queste due patologie del sistema – sfrenata deregulation da un lato, asfissiante burocrazia dall’altro – costituisce la morsa entro la quale il nostro Paese rischia di essere schiacciato. Anche per l’inerzia dei suoi rappresentanti politici, tutti chiusi come il Candido di Voltaire nel proprio “jardin”. Candido non ha futuro, perché non ha passato, vive inebetito gli sconquassi del presente. Il futuro sarà di chi saprà organizzare i “corpi intermedi” citati dalla dottrina sociale della Chiesa tra di loro. La società del futuro creerà identità che non saranno mai più proletarie o “padronali”. Avremo uno sciame di masse che correranno da una funzione all’altra della società e dei sistemi produttivi (e non tutto sarà terziario, ricordiamolo) senza riconoscersi in questo o in quel ruolo della società delle classi.
La dottrina sociale della Chiesa, se saprà rinnovarsi e adattarsi, sarà il punto di convergenza delle classi “meno fortunate” e dei ceti emergenti, che saranno i gruppi sociali che sapranno creare, gestire e, sottolineo, proteggere l’innovazione, soprattutto in ambito locale. Nessuno si salva da solo, anche se può illudersi di riuscirci. Per questo ognuno di noi deve impegnarsi, mobilitarsi, aprire il proprio spazio a relazioni nuove, a nuove sinergie: unire gli opposti, farli dialogare. Siamo per una società del dialogo, non della chiacchiera: ecco cosa significa, «dire il vero», secondo il suggerimento fatto dal presidente Napolitano al Meeting di Rimini. Trovo fondamentale, oggi, proprio in questo senso il richiamo a Camaldoli e a quell’estate del 1943, quando al termine di una settimana di dibattito, alcune tra le menti migliori dell’epoca elaborarono principi – confluiti poi nel cosiddetto Codice di Camaldoli – che informarono la Costituzione Repubblicana e gran parte del sistema delle partecipazioni statali del dopoguerra.
In particolare, dovremmo trarre insegnamento dalle riflessioni fatte allora sulle istanze nettamente redistributive, che sono in capo allo Stato e soprattutto ai corpi intermedi, per evitare che il capitalismo, che pure è teologicamente un aspetto della libera espressione della persona, non divenga un idolo sociale, o si trasformi da mezzo a fine. Il cattolicesimo democratico elabora, nell´eremo toscano, una radicale rivoluzione liberale, antistatalista, spirituale, senza aderire certo alla mitologia del mercato, ma accettando in pieno il mercato, la libertà economica, come inevitabile correlato della libera espressione di tutti gli individui.
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