«Lì le diverse tipologie di parto sono rimborsate allo stesso modo»Da quando è sottosegretario alla Sanità la lotta all’abuso del parto cesareo è diventata una delle sue priorità. Eugenia Roccella spiega qui attraverso quali strumenti intende cambiare questa consuetudine delle donne italiane.
Vita: Recentemente ha dichiarato che il parto cesareo non rappresenta una soluzione vantaggiosa né sotto il profilo del dolore né sotto quello della sicurezza. Perché?
Eugenia Roccella: La prima cosa da sfatare è che il parto cesareo sia più sicuro. Non è così. Il criterio guida deve essere l’appropriatezza. Non dobbiamo trasformare il sistema sanitario in un sistema “on demand”. Chi deve decidere è sicuramente sempre il medico. Non è la donna che può stabilire a priori che vuole fare un cesareo; può farlo, ma sempre in alleanza terapeutica con il medico. Non si può chiedere di fare il cesareo se non c’è alcuna indicazione medica in tal senso. La seconda cosa da sottolineare è che tutti i parti sono legati a margini di rischio. A volte sono questioni che attengono alla situazione clinica. Terzo aspetto: se il medico ritiene che sia inutile, non si fa. La decisione finale spetta a lui. Detto questo, in Italia ci sono troppi cesarei perché è cambiata la cultura del parto. Un dato su tutti: in un Paese come l’Olanda la percentuale di parti fatti in casa è al 30%, da noi non esiste praticamente più.
Vita: Come ovviare?
Roccella: Dovrebbero farlo le Regioni stesse. Un esempio positivo viene dalla Sicilia, che ha recentemente equiparato i codici diagnostici su cui si chiede il rimborso. In realtà infatti è molto più comodo per un medico fare un cesareo, perché viene fatto in orari predeterminati, è più medicalizzato, più sotto controllo, più governato attraverso una prassi routinaria. Invece il parto naturale va seguito, monitorato minuto per minuto, richiede una fatica molto maggiore da parte del medico. Eppure di solito i parti natali vengono remunerati meno di quelli cesarei. Ecco, la soluzione sperimentata in Sicilia è stata di rimborsare allo stesso modo le diverse tipologie di parto, cancellando di fatto questa disparità. Si tratta di una indicazione forte, che potrebbe e dovrebbe essere imitata anche da altre Regioni. Un’indicazione che va nel segno di diminuire il ricorso ai cesarei e cercare di renderne il ricorso appropriato affinché si faccia solo quando serve davvero.
Vita: E il ministero cosa fa?
Roccella: Le Linee guida per una scelta appropriata e consapevole ci sono già, però vogliamo far sì che diventino molto più stringenti. Le stiamo predisponendo velocemente perché si arrivi presto a un tavolo ministeriale con le Regioni. Gli intenti generali per ora sono passati in maniera informale, adesso devono essere sottoposti alla Conferenza Stato-Regioni in modo che vengano velocemente messi in pratica a livello locale.
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