Mondo

S’è dissolto l’esercito, non il suo arsenale

La resistenza anti Usa è formata da ex poliziotti del partito Baath (di Maurizio Pagliassotti). Ed un articolo di Andrea Tornielli.

di Redazione

Al Falluja è una città distante sessanta chilometri da Bagdad, pietrosa e polverosa. Si arriva dopo un viaggio da effettuare rigorosamente in compagnia di un locale che guidi la propria auto, soprattutto è obbligatorio viaggiare ben lontani dai convogli americani che pattugliano la zona. Piuttosto fermarsi e aspettare, ancora meglio prendere una strada secondaria, ma mai rimanere in coda o davanti. L?incontro con i membri della resistenza irachena è organizzato da due uomini conosciuti in albergo, un franco-algerino e un locale residente appunto ad Al Falluja. La casa è accogliente, nessuna donna, solo un folto gruppo di marmocchi che gira per la casa, bottiglie di gin in abbondanza.
Mi accolgono degli ex soldati che hanno combattuto nelle immediate vicinanze di Bagdad e che si definiscono membri della resistenza. Rievocano la rapida capitolazione di Saddam: “Non ci aspettavamo che il comando iracheno decidesse per il non combattere e che ci fosse una fuga generale. Siamo rimasti senza ordini dagli ufficiali maggiori. Erano state progettate tre linee di difesa della città, minati i ponti principali e le maggiori vie di comunicazione. Nulla ha funzionato, nessuno ha dato ordini, il comando si è dissolto. Qualcuno ha capito cosa stava succedendo e ha nascosto lanciagranate, munizioni e mine; ancora prima che gli americani prendessero Bagdad, qualcuno pensava al dopo, alla resistenza”.
Domando loro quali siano le prospettive future, chi siano e cosa vogliano. “Solo adesso stiamo incominciando ad organizzarci e ad avere delle linee di comando più complesse. Prima ognuno agiva per conto proprio, poteva accadere che quattro o cinque persone attaccassero blindati armati esclusivamente di kalashnikov. Erano atti di disperazione; da ora gli attacchi saranno più intensi, siamo solo all?inizio, sarà un?altra Beirut. Siamo ex poliziotti, licenziati dopo la guerra perché appartenenti al partito Baath, abbiamo scelto la resistenza contro gli americani perché hanno distrutto le nostre vite. Ogni gruppo vuole imporre il proprio rais. Soprattutto gli sciiti puntano a prendere il potere, ma questo non lo permetteremo mai. Gli sciiti sono dei selvaggi che solo Saddam riusciva a tenere a bada. Loro vogliono fare una rivoluzione di tipo religioso integralista che consegni il Paese all?Iran dopo che lo abbiamo combattuto per dieci anni.”
Si susseguono i the e le portate tra cui un piatto di spaghetti. “Saddam è vivo e sta organizzando la resistenza, vive a Bagdad e si muove in continuazione, gli americani non lo troveranno mai”. Le persone con cui parlo non sembrano proprio mitomani, parlano con cognizione di causa di armi e strategia, sono convinti ad esempio che dovrebbero essere utilizzate maggiormente le ?tecniche?, ovvero pick up con montati lanciarazzi sulla parte posteriore. Interessante notare che durante l?incontro nessuno ha mai pronunciato la parola Jihad. E Al Qaida? “Osama Bin Laden è un?invenzione degli Usa che necessitavano di un pretesto per fare la guerra al mondo arabo”.

Maurizio Pagliassotti

UN VIETNAM ANNUNCIATO

“Ma la lezione del Vietnam non vi ha insegnato nulla? Non vi invita alla prudenza?”. Nessuno ricorda più quella domanda ispirata dal buon senso, sussurrata all?inizio dell?anno dal principale collaboratore di Giovanni Paolo II. Oggi che la guerra in Iraq ha ucciso più soldati americani della Guerra del Golfo del 1991, e ci siamo ormai abituati al quotidiano bollettino di morti e feriti causati dalla guerriglia ai danni dei militari statunitensi nel Paese ?liberato?, quelle parole del cardinale Angelo Sodano risuonano come tristemente profetiche. Il Segretario di Stato, primo ministro e capo della diplomazia del Papa, le aveva pronunciate il 29 gennaio 2002, prima dell?inizio del conflitto, durante una colazione offerta nella nunziatura in Italia ad alcuni giornalisti vaticanisti. Il porporato aveva raccontato che, nei dialoghi di quei giorni con gli amici americani, più che alle questioni di principio, il Vaticano puntava al sodo e parlava in termini di ?convenienza?, insistendo per una soluzione pacifica della crisi irachena. “La lezione del Vietnam non vi ha insegnato nulla?”, disse il cardinale Sodano. “Non vi dovrebbe invitare alla prudenza? Vale davvero la pena di irritare un miliardo di musulmani e attirarsi la loro ostilità per un decennio? Bisogna insistere sulla convenienza, perché le guerre si sa come cominciano ma non si sa mai come finiscono”.
Colpisce oggi quell?accenno esplicito al Vietnam, fatto prima che i cingolati angloamericani oltrepassassero le frontiere irachene. All?indomani della fine dichiarata del conflitto, molti alti ecclesiastici, tra i quali lo stesso Sodano, avevano espresso, com?è naturale, la loro soddisfazione per la rapida conclusione delle operazioni. E più di un commentatore aveva rinfacciato alla Chiesa di essere stata ?menagrama?, ipotizzando scenari da guerra del Vietnam, mentre la forza e la precisione delle armate angloamericane avevano portato efficacemente a termine l?operazione. Purtroppo, aveva ragione Sodano. La diplomazia vaticana, con il suo realismo, aveva visto giusto.

Andrea Tornielli

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