Filantropia militante

«Salvate i bambini di Gaza!» e il Ben di Ben & Jerry finì in carcere

Durante un'audizione al Senato americano, Ben Cohen, co-fondatore della nota catena, è stato arrestato per aver interrotto un discorso con slogan contro il finanziamento alle bombe israeliane che colpiscono la Striscia e contro i tagli alla sanità per i più vulnerabili. Uno spirito militante di cui ha permeato la più famosa gelateria del mondo oggi non più sua

di Francesco Crippa

«Il Congresso paga le bombe che uccidono i bambini a Gaza». È per aver scandito queste parole durante un’udienza della commissione Salute del Senato americano che Ben Cohen, il Ben di Ben & Jerry’s, la nota marca di gelati a stelle e strisce, è stato arrestato. Con lui, altre sei persone, ree di aver interrotto il discorso di Robert Francis Kennedy Jr, segretario alla Salute, con una protesta che univa agli slogan pro-Gaza le critiche personali. «Pagherete le conseguenze per aver tagliato il programma Medicaid ai bambini poveri qui», ha aggiunto Cohen scagliandosi contro la discussa scelta dell’amministrazione di Donald Trump di ridurre il programma federale di sostegno finanziario per la sanità destinato alle persone a basso reddito.

Non è la prima volta che Cohen, oggi attivista e filantropo, finisce nei guai. Nel 2023, per esempio, era stato arrestato a Washington per aver contribuito a bloccare l’accesso alla sede del dipartimento di Giustizia nell’ambito di una protesta contro la detenzione di Julian Assange, il fondatore di WikiLeaks. Anche il suo sostegno alla causa palestinese non è cosa nuova, anche se è un ebreo di Brooklin, classe 1951. Nonostante non sia più a capo della famosa gelateria dal 1996, ha trasmesso questa posizione all’azienda. Così, nel 2021 la Ben & Jerry’s ha annunciato che non avrebbe più venduto i propri prodotti nei territori occupati da Israele in Cisgiordania, Gerusalemme Est compresa. Una presa di posizione, questa, che si è inserisce in una lunga storia di attivismo sociale dell’azienda che negli ultimi anni le sta comportando alcuni problemi.

Ben & Jerry’s, i gelati che hanno un impatto sulla società

Fondata nel 1978 da Cohen e Jerry Greenfield, la ditta si è distinta da subito per l’attenzione prestata alla responsabilità sociale e d’impresa: da subito i gelati venivano serviti in un packaging sostenibile, gli ingredienti scelti erano bio e parte dei ricavi (il 7,5%) veniva devoluto in beneficienza. Nell’agosto del 2000 la multinazionale britannica Unilever ha acquisito il marchio, lasciando però una larga autonomia: a Ben & Jerry’s è stato permesso di mantenere un proprio board indipendente e di continuare la propria mission. E di fatti, nel 2012 ha ottenuto il marchio b-corp (lo avevamo raccontato qui), diventando a tutti gli effetti un’azienda benefica, cioè un’azienda che tra i propri obiettivi statuari ha anche quello di avere un impatto positivo per società e ambiente.

Black lives matter, ma anche la cannabis conta

Tra le campagne sostenute negli ultimi anni, le più in vista sono state quella a supporto del movimento Black lives matter e quella per la legalizzazione della cannabis. Nella pagina dedicata al Blm sul sito del marchio si spiega il perché del proprio sostegno ed è datata 6 ottobre 2016 (contrariamente a quanto si pensa, il movimento è nato nel 2013 e non nel 2020, anno in cui ha avuto importante eco mediatica anche in Italia in seguito alla morte di George Floyd). «Le vite dei neri contano. Contano perché sono figli, fratelli, sorelle, madri e padri. Contano perché le ingiustizie che subiscono ci colpiscono tutti», si legge. «Ci rubano la nostra stessa umanità. Il razzismo sistemico e istituzionalizzato è la questione fondamentale dei diritti civili e della giustizia sociale del nostro tempo. Abbiamo capito che tacere sulla violenza e sulle minacce alla vita e al benessere dei neri significa essere complici di quella violenza e di quelle minacce». La lotta al razzismo e alla discriminazione non si è tradotta solo in una presa di posizione, ma anche in iniziative culinarie: nel 2020, per esempio, ha dedicato un nuovo gusto di gelato, ribattezzato «Change the whirled», a Colin Kaepernick, giocatore di football americano e attivista per i diritti delle persone afroamericane.

Anche a favore della cannabis c’è una pagina sul sito – c’è, del resto, per ogni causa sostenuta, tra le altre i diritti lgbt+ e il cambiamento climatico – dal titolo accattivante: «Let’s be blunt about cannabis justice», che tradotto vuol dire «Parliamo schiettamente della giustizia legata alla cannabis» e che gioca col termine «blunt», usato per indicare un sigaro riempito di cannabis, che si distingue da una canna “tradizionale” per gusto e impatto. Per Ben & Jerry’s la legalizzazione della cannabis non basta e dovrebbe legarsi a istanze di giustizia sociale. Un suo motto, rilanciato anche sui furgoni che trasportano qui e lì i gelati, è «legalization without justice is half baked», cioè la legalizzazione senza giustizia è incompleta. 

È Israele il seme della discordia con Unilever

Se in questi casi Unilever non è intervenuta, fosse perché sposava la causa oppure perché non era disturbata da essa, nel caso del sostegno alla causa palestinese e alle prese di posizione anti-israeliane di Ben & Jerry’s le cose sono andate diversamente. Quando nel 2021 il marchio del Vermont ha annunciato che non avrebbe più venduto i propri prodotti nei territori che Israele occupa, Unilever si è prontamente distanziata dall’iniziativa, pur non imponendo a Ben & Jerry’s di  riprendere la vendita. Nel 2022, però, Unilever ha venduto i diritti commerciali di Ben & Jerry’s in Israele a una propria succursale, permettendo quindi la vendita dei gelati americani anche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, anche se solo con l’etichetta in ebraico e arabo.

Ben & Jerry’s ha cercato di bloccare questa decisione, ma ha perso la causa, perché se è vero che l’accordo di acquisizione lascia libertà al marchio di gelati, l’ultima parola in termini di operazioni finanziarie e di business spetta a Unilever. Nel 2024 l’azienda del Vermont ha di nuovo fatto causa alla multinazionale britannica, accusandola di non aver rispettato i propri obblighi contrattuali nel momento in cui avrebbe minacciato di smantellare il consiglio di amministrazione dell’azienda, minacciato il personale e censurato l’azienda nel suo tentativo di esprimere pubblicamente sostegno alla popolazione palestinese. 

Le due parti sono finite ancora in tribunale lo scorso marzo, quando Ben & Jerry’s ha accusato Unilever di aver rimosso l’amministratore delegato Dave Stever senza consultare il cda del marchio (contravvenendo all’accordo di acquisizione) e, tra l’altro, non a causa delle sue performance aziendali ma a causa del suo allineamento alla missione sociale dell’azienda.

In apertura: Ben Cohen arrestato nel 2023 durante una manifestazione pro-Julian Assange (AP Photo/Jacquelyn Martin/LaPresse)

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