Violenza sulle donne
Salvi i centri antiviolenza, per un altro anno avanti con le vecchie regole
Secondo l'intesa del 2022, entro il 14 settembre i centri antiviolenza e le case rifugio avrebbero adeguarsi ai nuovi requisiti minimi. Fra questi, ci sarebbe stato anche l’obbligo di prevedere nel proprio statuto l’esclusività o la prevalenza dell’attività di prevenzione e contrasto della violenza di genere rispetto alle altre eventuali finalità sociali: cosa che avrebbe penalizzato molte organizzazioni. Il confronto sul punto è aperta da tempo, ma un testo condiviso ancora non c'è. Ecco quindi la nuova proroga, in nome della continuità del servizio
di Redazione

Con l’intesa siglata in Conferenza Unificata, è stato scongiurato il rischio chiusura per i centri antiviolenza e le case rifugio che non sono riusciti ad adeguarsi ai requisiti minimi previsti dalla precedente intesa del 2022, riscontrando forti criticità nella relativa attuazione. La data per l’adeguamento era fissata al 14 settembre. «Per un altro anno i requisiti per i centri anti-violenza e le case rifugio, dove trovano supporto e accoglienza le donne vittime di violenza, non cambieranno», ha annunciato la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Roccella, dopo l’approvazione della proroga di un anno da parte della Conferenza unificata. La proposta di proroga era arrivata dal ministero stesso.
Fra i nuovi requisiti, ci sarebbe stato anche l’obbligo di prevedere nel proprio statuto l’esclusività o la prevalenza dell’attività di prevenzione e contrasto della violenza di genere rispetto alle altre eventuali finalità sociali. «Una condizione che non tiene conto delle realtà esistenti e delle specifiche competenze territoriali e che rischiava di penalizzare molte associazioni che da anni operano con professionalità, competenza e un forte radicamento territoriale», osserva la Conferenza delle Regioni in una nota.
L’obiettivo è quello di condividere una proposta di modifica dell’intesa, consentendo una revisione che assicuri continuità e garanzia dei servizi sui territori da parte dei centri anti-violenza e case rifugio, promuovendo anche un potenziamento dei centri e il miglioramento degli standard qualitativi offerti alle donne, sempre nel rispetto dell’impianto rigoroso definito nel 2022.
«La nuova intesa che avrebbe dovuto sostituire quella attualmente in corso era stata siglata alla fine della scorsa legislatura, e prevedeva requisiti molto stringenti, alla luce dei quali, con una successiva ricognizione, diverse Regioni e associazioni hanno segnalato il rischio che molti centri potessero chiudere, lasciando sguarniti interi territori», spiega infatti la ministra Roccella. «Recependo la preoccupazione di diversi enti territoriali e reti associative, abbiamo differito una prima volta l’entrata in vigore della nuova intesa siglata nella scorsa legislatura e, per agevolare una soluzione del problema, abbiamo avviato un nuovo confronto con i territori e sottoposto a un tavolo tecnico, formato da un’ampia rappresentanza dei soggetti che compongono la rete anti-violenza, una proposta di mediazione che coniugasse il rigore dei requisiti con la sopravvivenza dei centri operanti. Non avendo per ora riscontrato una condivisione unanime sul nuovo testo, rispetto al quale sono stati chiesti ulteriori approfondimenti, e avendo come faro la necessità di non far chiudere centri-violenza e case rifugio, d’intesa con le Regioni e gli enti locali rappresentati nella Conferenza Unificata ho stabilito di lasciare in vigore gli attuali requisiti per almeno un altro anno».
Photo di Mauro Scrobogna / LaPresse
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