Non profit
San Pellegrino, l’etichetta con troppa acqua in bocca
L'azienda del gruppo Nestlè ha scelto di non indicarne l'origine bergamasca
di Redazione

«Se la nostra cittadina è in profonda crisi turistica», attacca il vicensindaco, «buona parte della colpa è dell’azienda che non ha valorizzato le nostre terme» Ogni anno un miliardo di bottiglie «San Pellegrino» finisce sulle tavole di oltre 120 Paesi, dall’Europa all’Australia. E l’etichetta con la stella rossa, da oltre mezzo secolo, compare sul grande schermo e nella tivù americana e non solo, dal «Doctor House» a «Il diavolo veste Prada». Sinonimo, dice l’azienda del gruppo svizzero Nestlè, dell’eccellenza del made in Italy.
Ma il paese San Pellegrino si attende di più da un’azienda che da da 111 anni beve acqua che sgorga dalle proprie rocce. Soprattutto ora che è in corso un’operazione di rilancio turistico: si parla di «Terme più belle del mondo», disegnate dall’architetto francese Dominique Perrault (le storiche sono chiuse da tre anni) e hotel di superlusso grazie all’imprenditore, ora anche presidente dell’Atalanta, Antonio Percassi.
«Se oggi la nostra cittadina è in profonda crisi turistica», continua il vicesindaco, «buona colpa ce l’ha proprio l’azienda, che non ha saputo gestire al meglio le sue terme. Ora ci attendiamo che finalmente il marchio sia legato al paese, grazie a un’operazione di marketing. Certo, la città di San Pellegrino da promuovere sulle bottiglie dovrà essere all’altezza della qualità del marchio diffuso nel mondo».
E ai sanpellegrinesi? Quanto meno hanno l’accesso gratuito alla fonte storica (senza bollicine) e alla sorgente un tempo imbottigliata come Limpia, entrambe ampiamente sfruttate dalla popolazione. Almeno qui, il km zero funziona.
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