Famiglia
Sanità: 600mila malati di Alzheimer in Italia
80 mila i nuovi casi che si registrano ogni anno. Sono alcune cifre contenute nel dossier predisposto dalla Commissione Alzheimer istituita dal ministero della Salute
di Redazione
Sono ormai 600 mila circa gli italiani colpiti dalla malattia di Alzheimer e 80 mila i nuovi casi che si registrano ogni anno. Sono alcune cifre contenute nel dossier predisposto dalla Commissione Alzheimer istituita dal ministero della Salute circa un anno fa e che sono emerse nel corso del seminario sull’argomento promosso oggi a Roma dallo stesso ministero. Per rispondere ai bisogni di questi malati e delle loro famiglie in una popolazione che invecchia e che quindi e’ sempre piu’ soggetta a malattie croniche e degenerative ”occorre passare a una nuova fase – ha detto il sottosegretario Guidi – che vada oltre il progetto Cronos”. L’ipotesi, in sintesi, e’ la creazione di una rete territoriale di servizi sanitari e sociali integrati che assicurano un iter diagnostico, terapeutico e assistenziale completo. Uno tra gli elementi essenziali della rete, ha sottolineato tra l’altro Carlo Caltagirone, neurologo dell’universita’ romana di Tor Vergata e componente della Commissione, e’ il medico di famiglia, ”prima antenna sul territorio per riconoscere la malattia”. Decisiva e’ infatti la diagnosi precoce della patologia e oggi tra la comparsa dei primi sintomi e la diagnosi passano, ha ricordato Caltagirone, quasi tre anni. Oltre ai medici di famiglia nodi essenziali della rete dovrebbero essere i centri di riferimento per l’Alzheimer e le altre demenze (dovrebbero essere circa 300 sul territorio nazionale), le unita’ territoriali alle quali dovrebbe essere affidata l’attivita’ ambulatoriale decentrata, i servizi di assistenza domiciliare che andrebbero potenziati, i centri diurni per sostenere le famiglie e per assicurare ai malati attivita’ che li stimolino sul piano fisico e psichico e i nuclei Alzheimer nelle Rsa per i ricoveri piu’ o meno lunghi. Il ”cardine” dell’assistenza continua a essere la famiglia, ha ricordato da parte sua Patrizia Spadin, presidente della Aima (Associazione italiana malattia di Alzheimer), sottolineando che oltre l’80% dei malati vive nell’ambito familiare ed e’ accudito e ”curato” da un parente; nella maggioranza dei casi quest’ultimo e’ una donna che ha un’eta’ tra i 50 e i 60 anni la quale, se occupata, deve lasciare il lavoro e che a sua volta, nel 35% dei casi, perde la salute in maniera significativa. Dal canto suo Gabriella Salvini Porro, presidente della Fai (Federazione Alzheimer Italia) ha ribadito che i pazienti e chi si cura di loro ”hanno bisogni inespressi che non trovano risposte. Il risultato e’ un peggioramento delle condizioni di vita loro e dell’ambiente sociale che li circonda”. Per questo programmare e attuare una rete assistenziale per una tipologia di malati cosi’ complessa ”e’ una sfida che richiede un considerevole sforzo da parte delle istituzioni”. ”Le risorse economiche – ha infine concluso Guidi – sono certamente importanti ma e’ almeno altrettanto importante capire come vengono utilizzate. Occorre in sostanza vedere che cosa succede ai fondi stanziati che spesso cambiano le destinazioni d’uso e solo in parte raggiungono il malato. Per questo penso a una ‘cabina di regia’ per monitorare l’uso dei fondi che vengono stanziati nel settore socio-sanitario a livello nazionale e regionale”. La soluzione ”organizzativa” per l’assistenza ai malati di Alzheimer e piu’ in generale, dei pazienti non autosufficienti dovrebbe essere nel distretto, ha detto da parte sua il ministro della Salute, Girolamo Sirchia, intervenendo inaspettatamente (la sua presenza non era infatti prevista) al seminario. La ”vera risposta – ha precisato – nella centrale operativa del distretto per la presa in carico dei pazienti non autosufficienti” e per la riorganizzazione e il coordinamento delle risorse e dei servizi. La centrale, ha spiegato, dovrebbe mettere in collegamento il Comune, l’azienda sanitaria locale e l’ospedale ”guidando il paziente all’interno della rete dei servizi territoriali”. Non e’ un caso, quindi, che la centrale del distretto sia – come ha spiegato infine Sirchia – uno dei temi prioritari sui quali si e’ gia’ trovato un accordo con le regioni perche’ venga finanziata con una parte dei fondi destinati all’attuazione del piano sanitario nazionale.
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