La storia di Sarah Scazzi, la quindicenne uccisa dalla zio ad Avetrana, in provincia di Taranto, è una storia che segna un punto di svolta nel rapporto tra cronaca e mass media. In particolare, fra cronaca nera e televisione. La potenza di attenzione che questa vicenda ha scatenato nel pubblico italiano rammenta dei paragoni molto impegnativi: le Torri Gemelle, le partite della Nazionale di calcio, il terremoto dell’Aquila, Vermicino. La sequenza degli ascolti record comincia con un’incredibile performance di Chi l’ha visto? la notte stessa della confessione dell’assassino, lo zio Michele Misseri. Quella sera Raitre arriva al 38% di share. Quasi un italiano su due si è sintonizzato per la ricerca in diretta dell’assassino. Ma è solo l’inizio. I telegiornali cambiano bruscamente una tendenza annuale di costante declino (con l’eccezione del Tg di La7 condotto da Enrico Mentana) e attirano di colpo gli ascolti. La sera dopo Porta a porta arriva al 30% di ascolti, La vita in diretta e Pomeriggio 5 segnano altri record. Venerdì sera Matrix segna un 29,7% di share medio. Nel derby del lunedì su questo stesso argomento Matrix e Porta a Porta segnano un pareggio: 22% di share ciascuno. Il che significa che alla stessa ora quasi la metà del pubblico vuole sapere di Sarah.
Perché? Che cosa anima questo interesse spasmodico e di proporzioni inedite? Ci sono elementi di questa piccola storia di cronaca nera e di provincia che fanno riflettere. E riflettere molto. Proviamo ad accennare alcuni temi centrali. Innanzitutto gli adolescenti e il loro rapporto coi genitori. Qui è protagonista una quindicenne, la cui vita era nascosta alla madre, non capita, non conosciuta. Senza computer in casa e con quattro profili Facebook. I padri e le madri non sanno più che cosa fanno, dove vivono i figli quindicenni. Il Sud familista e maschilista con la sua ombra di violenze sessuali o quantomeno di molestie, consumate fra le mura domestiche? Il sesso e la morte. E persino il sesso dopo la morte violenta, consumato su un cadavere. I miei colleghi, colpiti e spaventati, mi chiedono: non c’è morbosità? Non c’è cattiveria in questa curiosità popolare? Certo che c’è, come sempre. Ma è anche curioso che la classe dirigente dei grandi quotidiani e della razza padrona disprezzi così gli interessi, anche violenti, del popolo. Ricordano fatalmente le motivazioni con cui il fascismo in Italia (o per dire il comunismo sovietico in Russia) proibiva la cronaca nera. Piuttosto Sarah Scazzi e la sua terribile storia e soprattutto l’interesse degli italiani per essa pongono una domanda a tutti noi. Una domanda che non è possibile eludere.
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