Welfare
«Sarei un buon educatore»
Parla Renato Vallanzasca. Anticipazione del numero del magazine in edicola
di Redazione

Il suo sogno? «Lavorare con i ragazzi difficili, sarei un buon educatore». A dirlo in una lunga intervista rilasciata a Vita non profit magazine è Renato Vallanzasca, l’ex boss della Comasina che dal 13 giugno scorso grazie a un differimento pena per ragioni di salute ha lasciato il carcere di Opera dove sta scontando i suoi 4 ergastoli. L’ex boss è tornato ad abitare a Milano nella casa della moglie Antonella D’Agostino, dove si è tenuto l’incontro con Vita. Perché i ragazzi difficili? «Non so se me daranno la possibilità, ma di sicuro nessuno meglio di me sa dissacrare i miti». A partire dal suo: «Che mito è uno che ha passato 38 anni in carcere su 60?», risponde Vallanzasca.
Alla domanda se rifarebbe la vita che ha fatto l’ex bandito risponde di no «In assoluto no. Ho procurato troppi dolori a me, ai miei familiari e a quelli che non conosco». Si riferisce alle sue vittime? «Ci sono errori che mi bruciano. A cui non c’è rimedio. Non voglio dire altro». Il rapporto con la moglie sposata il 5 maggio 2008, i suoi nuovi amici, il suo futuro fuori dalla cella e il mondo delle comunità (Exodus, Il Gabbiano e Saman) con cui ha incominciato a collaborare appena uscito dal carcere sono gli altri temi portanti dell’intervista. Del passato invece non ha più voglia di parlare: «Ho già detto tutto. Adesso basta».
Vita ha anche raccolto le riflessioni dei presidenti delle tre comunità con cui Vallanzasca ha preso contatti. Per il fondatore di Exodus don Antonio Mazzi Vallanzasca forse non potrà diventare un educatore «ma un testimone credibile, quello sì». Per Francesco Bellosi del Gabbiano invece «ha una vocazione naturale da mediatore culturale», mentre per Achille Saletti (Saman) «lui è uno che può dare ancora molto».
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