Welfare

Scommetti che un giorno sarò maresciallo?

Fatima è nata in Marocco, ma non si arrende...

di Redazione

«Ma sei pazza?», mi dicono quando spiego cosa voglio fare “da grande”. Voglio la divisa. E la voglio italiana. Unico problema: non ho la cittadinanza. Ma amo troppo questo mio secondo Paese. Per cui alla fine
la spunterò. Sono sicura…di Fatima Khachi
«Maresciallo Khachi». Questo è l’appellativo che più di tutti mi sta a cuore, la frase per la quale sarei disposta a tutto (quasi tutto) pur di sentirla. È il mio sogno ma che voglio diventi la mia realtà. Sono disposta ad affrontare qualunque ostacolo, dalla mia famiglia alla maledetta burocrazia. Quando confido questo mio desiderio/volontà, ricevo quasi sempre commenti di sorpresa che, nella maggior parte dei casi, si riassumono nella solita espressione «Ma sei pazza?». È perché mai dovrei esserlo? Io non ci trovo nulla di così strano. È un lavoro come tutti gli altri, magari con qualche particolarità, che quindi lo rende più accattivante, almeno per quanto mi riguarda.
Probabilmente suona molto strano all’orecchio che una ragazza aspiri così tanto a far parte delle Forze armate italiane, ma la sorpresa è dovuta soprattutto alle mie origini arabo- musulmane, come se queste caratteristiche fossero inconciliabili con l’essere maresciallo. Questa credenza è assolutamente assurda e spero che ci siano altre persone che mi aiutino a dimostrarne l’invalidità con la pratica. Il mio sogno più grande è di vedere un giorno una donna in divisa e con il velo. Io comunque non ci trovo nulla di così strano nel volere diventare maresciallo. È il mio sogno sin da bambina e adesso che sono abbastanza grande voglio realizzarlo.
Peccato che ci sia un “piccolo” ma determinante impedimento: la cittadinanza, che non ho ma che devo ottenere il più presto possibile. Non sarà certo la burocrazia a fermarmi perché io devo diventare maresciallo e soprattutto indossare la divisa. Quel giorno sarà il più importante della mia vita, forse anche più del giorno del mio matrimonio.
Mai avrei pensato che la mia vita avrebbe preso una tale piega: da quando ero piccola e vivevo ancora in Marocco, sognavo di diventare poliziotto ma la cosa mi sembrava così lontana, quasi irrealizzabile, tant’è vero che mi vergognavo a confidarlo ai miei amici e famigliari. Invece oggi sto scrivendo un articolo e sto comunicando al mondo intero questo mio desiderio. Grazie Italia! Questa è la cosa più bella che ho ricevuto da questo meraviglioso Paese: la libertà di sognare e la possibilità di realizzare i miei sogni. Sono perfettamente certa che se avessi continuato a trascorrere la mia vita intera in Marocco, non avrei mai avuto il coraggio di aspirare a diventare maresciallo. Se lo sapesse mia nonna o i miei zii verrebbe loro l’infarto! Ma io stessa sarei stata diversa e meno combattiva, anche se le condizioni, almeno burocratiche, sarebbero state favorevoli. Infatti non avrei avuto il problema della cittadinanza. Invece in Italia è il contrario, essendo quest’ultima l’unico ostacolo. È giustissimo che per far parte delle Forze amate il Paese riconosca solo i figli dello suo sangue. Anch’io sono una figlia, seppure acquisita ma non ancora riconosciuta, come tanti altri figli rinnegati per le complicate procedure per “legittimarsi”. Hanno ragione le persone che mi stanno attorno a dirmi che sono italiana più di quanto credessi. Io voglio poter difendere il mio secondo Paese, la mia gente, con la quale ho condiviso e condividerò anche in futuro i momenti più importanti della vita, belli e brutti. Il mio futuro è qui, volente o nolente, così come quello di numerose altre persone che si trovano nella mia condizione d’immigrata di seconda generazione. Bisogna pur rimediare alla costante fuga dei cervelli dei figli legittimi della madre Italia, no?

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