Cultura

Scuola islamica: dalla Casa della Carità una lettera aperta

L'integrazione non si realizza nè con la repressione nè con l'assistenzialismo. Le riflessioni di 7 esponenti della società civile

di Redazione

Riceviamo e pubblichiamo una lunga riflessione sul caso della “scuola di via Quaranta” firmato da 7 esponenti della cultura e della società civile milanese, tra cui don Virginio Colmegna, Vincenzo Cesareo e Paolo Branca, che da anni si occupano d’integrazione e del destino di questi studenti.

Il caso del centro di via Quaranta a Milano, dove da più di 15 anni studiano circa 500 bambini e ragazzi di religione islamica, in prevalenza egiziani, ci obbliga ad una riflessione sui modi concreti di realizzare la convivenza civile in un contesto di pluralismo culturale. Riteniamo anzi tutto inadeguato pensare di risolvere il problema del diritto di gruppi e famiglie a mantenere la propria identità e cultura d’origine con l’invocare provvedimenti di pura esclusione e repressione. Si rischia così di rafforzare nella contrapposizione, anziché nel confronto, identità culturali ?di reazione?. Non valgono neanche – per impedire il dialogo – le ragioni della sicurezza, minacciata dal terrorismo, cui il fondamentalismo farebbe da sponda. Infatti, pur riconoscendo la necessità di garantire la sicurezza di tutti coloro che vivono nel nostro Paese, pensiamo che la vera difesa dalla violenza può venire solo dalla convivenza pacifica di persone e gruppi; essi, seppure diversi, trovano le ragioni per vivere insieme aderendo ad un patto di coesione sociale che trova fondamento nelle norme del sistema democratico.
Sarebbe però altrettanto dannoso lasciare che gruppi e minoranze, per motivi culturali o religiosi, pretendano di porsi al di fuori delle regole sociali, costruendo una sorta di ?terra di nessuno?.
Al di là di strumentali polemiche politiche, pensiamo che occorra formulare un progetto unitario e condiviso di società pluralista, di cui la scuola costituisce un elemento importante. E’ necessario tenere costantemente presente che i conflitti culturali non si risolvono né con misure di forza né con facili assistenzialismi. L’integrazione – linguistica, culturale, sociale, politica – è un processo che va costruito sul consenso e sulla coscienza di una comune appartenenza, ma non può prescindere dal rispetto delle norme legislative del paese ospitante. Auspichiamo che il caso del centro di Via Quaranta trovi finalmente una soluzione soprattutto nell’interesse dei bambini e ragazzi che la frequentano; a questo scopo, occorre proporre e perseguire con fermezza le possibili strade che da tempo abbiamo indicato alle istituzioni competenti, evitando che si continui ad evadere l’obbligo scolastico. In primo luogo, si tratta di far conoscere alla famiglie dei minori – veri soggetti di decisione – le opportunità offerte dalle scuole milanesi per conseguire un titolo di studio valido in Italia senza mortificare l’identità culturale e religiosa dei loro figli. Il sistema scolastico, anche attraverso adeguate sperimentazioni già avviate, è in grado di accogliere questi alunni facendo della classe un luogo di intercultura e non di assimilazione. Se – come opzione subordinata – un ente o un soggetto giuridico qualificato ne facesse domanda, l’autorizzazione per istituire una scuola paritaria dovrebbe essere concessa quando ricorrono gli estremi previsti dalla legge. Ma non si può rinviare ad un secondo momento l’accertamento dei requisiti necessari per ottenere tale approvazione, in particolare per quanto riguarda il personale docente, che secondo la legge deve essere di cittadinanza italiana e dotato di adeguata formazione. La scelta scuola islamica si/scuola islamica no non può essere effettuata dunque a priori, ma operata in base ad un rigoroso controllo delle condizioni di insegnamento che vi debbono essere assicurate, e che oggi il centro di Via Quaranta non garantisce: programmi svolti secondo l’ordinamento vigente, orientamento interculturale (bilinguismo, storia e cultura del paese d’origine), educazione alla cittadinanza democratica, abilitazione degli insegnanti? In conclusione, il caso di via Quaranta può trovare una soluzione solo se le istituzioni, coadiuvate da soggetti della società civile come associazioni di volontariato, università, fondazioni, garantiranno l’adempimento di queste condizioni per realizzare, nel rispetto della legalità e della coesione sociale, un serio progetto di convivenza. Auspichiamo che si individui al più presto un ambito istituzionale ,che sappia non solo dichiarare l’esistenza del problema ma perseguire una strategia di positiva risoluzione del problema.

Paolo Branca
Vincenzo Cesareo
Virginio Colmegna
Silvio Ferrari
Susanna Mantovani
Milena Santerini
Rita Sidoli

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