Nel decreto attuativo della legge sull’impresa sociale (art.17, comma 2) dopo una serie di rinvii ad altre norme e decreti (che vi risparmio) si scopre che le organizzazioni con questa nuova etichetta giuridica possono accedere alle sovvenzioni delle fondazioni di origine bancaria. Disposizione interessante per imprese che sul fronte del finanziamento si trovano con le armi spuntate a causa dei vincoli alla distribuzione degli utili che impediscono di remunerare, anche solo parzialmente, il capitale di investimento. Ma le imprese sociali possono davvero contare sulle fondazioni bancarie? Ad oggi sembra di no. E a dirlo è una fonte molto autorevole ovvero il rapporto dell’Acri – l’associazione di rappresentanza del settore. Se non ho sbagliato i calcoli – e non sarebbe la prima volta purtroppo – nel corso del 2007 su 1,7 miliardi di elargizioni solo il 2% (pari appunto a 34 milioni di euro) è andato a cooperative sociali, le quali, va ricordato, nel loro insieme generano un giro d’affari di 6,4 miliardi di euro come informa l’Istat. Il grosso delle erogazioni è a favore di soggetti nonprofit non imprenditoriali (o almeno non formalmente come associazioni e organizzazioni di volontariato) e, con relativa sopresa, a beneficio di enti pubblici (che si vedono assegnare ben 1/3 delle risorse). Ad essere ottimisti si tratta quindi di un’opportunità ancora tutta da esplorare. Con buona pace dei critici che vedono nel rapporto con le fondazioni un bancarie un pericolo per una deriva “assistenziale” delle imprese sociali.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.