Welfare

Se è un magistrato a ricordare la funzione rieducativa delle galere

di Redazione

Quel dolore rassegnato
C’è un blog, Dentro e fuori, dove alcuni detenuti del carcere di Torino, intervengono “facendo uscire” le loro riflessioni. In questi giorni è toccato a Sara raccontare con semplicità e immediatezza il dolore impotente e rassegnato che un lutto provoca in una persona detenuta: «Ho passato due settimane tristi, tanto che non avevo più voglia di scrivere. Ho perso una zia molto cara, che mi ha cresciuto quando mia madre era in ospedale, e non riesco ancora a credere che non la vedrò più. Appena esco andrò al cimitero a trovarla, spero che mi abbia perdonata perché io non ero al suo funerale, ma lei sapeva che ero qui. Sono io però che non riesco a perdonarmi il fatto di non avere potuto vederla, e darle l’ultimo saluto».
Carceri-parcheggio o luoghi di recupero?
«Nuovo carcere, un impegno per la città» è il titolo di un convegno che si è svolto a Trento. È curioso che sia stato un magistrato, Pietro Chiaro, a rivolgersi al direttore di un quotidiano locale con una lettera che sottolinea come il giornale si sia limitato alla notizia dell’apertura di un nuovo carcere, mentre tutto il dibattito del convegno aveva al centro il tema della rieducazione: «Bisogna stabilire un’ideale congiunzione dialettica tra l’apertura della nuova casa circondariale e la necessità di ricordare che la detenzione non è solo luogo di sconto della pena, ma altresì dimora dove al condannato deve essere offerta l’occasione di recupero della propria dignità personale e di possibile reinserimento nel contesto sociale».
Se la madre usa i figli nel trasporto di droghe
Contro le mamme che coinvolgono i figli nel trasporto di stupefacenti linea dura da parte della Cassazione, che ha confermato gli arresti domiciliari di una donna sorpresa a trasportare eroina con i due figli di 5 e 7 anni. La VI Sezione penale (sentenza 14928/2009) ha respinto il suo ricorso sottolineando che la donna, anche se incensurata, «ha dimostrato una indubbia spregiudicatezza nell’organizzare o, quanto meno, nel prestarsi ad effettuare un trasporto di un ragguardevole quantitativo di eroina» coinvolgendo i figli per ottenere una copertura in caso di controlli. In carcere di donne, soprattutto straniere, che arrivano con la droga in pancia e i figli per mano ce ne sono parecchie.

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