Non profit

Se il piccolo Omar passa l’estate all’oratorio

Prove di integrazione

di Redazione

La scuola è finita, che fare? Eh sì, anche noi comuni musulmani-immigrati-extracomunitari ci poniamo il problema. Soluzioni: centri estivi, ludoteche, oratori parrocchiali. A dire il vero, non avevo mai ancora valutato la terza opzione, ma me l’ha espressamente chiesto il mio primogenito di 7 anni: «Mamma voglio andare all’oratorio, ci vanno tutti!». Mi vergogno un po’, ma volevo solo evitargli altre situazioni di imbarazzo o di confusione. L’input è arrivato dalla mia mamma super praticante che, interpellata per l’occasione, mi suggerisce: «Lascia che tuo figlio affronti le difficoltà e impari a rispettare la sua e le altre diversità, non cercare di spianargli sempre la strada. Noi con te e tuo fratello abbiamo fatto così». Ha ragione: sia io che Ahmed nei primissimi anni 80, quando ancora negli oratori i nostri nomi troppo arabi non passavano certo inosservati, eravamo lì, mischiati tra gli “altri”, sempre nella fossa dei leoni. Non mi ricordo molto, solo tanto divertimento. Oggi ri-vivo tutto, ma con l’amara consapevolezza dei cambiamenti socio-culturali avvenuti in Italia. L’intolleranza e la cattiveria gratuita sono all’ordine del giorno, e sono certa che anche i bambini, non per colpa loro, siano cambiati in peggio. Le sento le battute e faccio finta di niente, per non accentuare la frustrazione che sta provando mio figlio in certe situazioni. Dopo pochi giorni mi ha chiesto: «Chi è questo Gesù? Ma è vero che la sua mamma si chiamava Maria e che lo hanno messo su una croce, poverino!?». Sono felice che Omar stia vivendo questa esperienza senza limiti e non credo che cantare l’Alleluja o imparare “anche” qualche preghiera cristiana gli farà poi tanto male: magari vi fosse più apertura e reciprocità! Chissà se un giorno in Italia Omar potrà mai invitare i suoi amici a frequentare un “oratorio islamico”: sarebbe troppo bello! Sarebbe come sentirsi finalmente italiani!

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