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Senatore arrestato in Italia, il Marocco chiama l’ambasciatore in patria
L’avvocato denuncia irregolarità. Il rischio di una crisi diplomatica è sempre più alto
di Redazione
È seguita con grande attenzione negli ambienti diplomatici la vicenda del senatore marocchino Yahya Yahya, arrestato a Roma lo scorso 4 agosto e sottoposto ad un processo per direttissima nel quale è stato condannato a due anni e tre mesi per disturbo della quiete pubblica e aggressione a pubblico ufficiale. «Le autorità marocchine sono state allertate il giorno dopo l’arresto, quando il processo d’urgenza si era già svolto», denuncia oggi in un’intervista all’emittente radiofonica ‘Media1’ l’avvocato Domenico Naccari, legale del senatore, che punta anche il dito su «elementi contraddittori» nella gestione della detenzione di Yahya.
Secondo la radio il parlamentare, tuttora in carcere, si sarebbe visto negare i contatti con le autorità marocchine per due settimane: per questo motivo la vicenda sarebbe emersa solo in questi giorni. «In seguito all’arresto nella capitale italiana di Yahya Yahya, membro della Camera dei Consiglieri (il Senato di Rabat, ndr), e della sentenza pronunciata con urgenza contro di lui dal tribunale di Roma, l’ambasciatore di Sua Maestà il Re in Italia è stato convocato oggi a Rabat per fornire alle autorità nazionali le informazioni e le valutazioni necessarie sui motivi, le circostanze e gli sviluppi di questa questione preoccupante, in particolare perché si tratta di un cittadino eletto dal popolo marocchino», si legge in una nota diffusa ieri dal ministero degli Esteri di Rabat.
Dall’ambasciata marocchina a Roma confermano la partenza dell’ambasciatore Tajeddine Baddou per Rabat, precisando che il corpo diplomatico marocchino in Italia «segue da vicino» lo sviluppo della vicenda ed è in «stretto contatto con la Farnesina». Una posizione confermata anche dal ministero degli Esteri italiano, dove si spiega che «la Farnesina sta fornendo alle autorità diplomatico-consolari marocchine accreditate a Roma tutte le facilitazioni perché possano svolgere opera di assistenza e tutela diplomatica» nei confronti del senatore.
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