Welfare

Serve una nuova strategia, ma non lasciateci nella nicchia

Legacoopsociali

di Redazione

Cambiare strategia, puntando sull’integrazione degli strumenti a disposizione. Legacoopsociali indica la via per un nuovo modello di inserimento dei soggetti svantaggiati e lancia un messaggio alle pubbliche amministrazioni :«No a forme di sussidiarietà che ci tengono in nicchie di mercato di basso profilo e di mera sostituzione ausiliaria per gli inserimenti».
SocialJob: Iniziamo da qui. Avete appena presentato al governo una proposta di modifica della legge 68. Qual è la vostra posizione?
Giancarlo Brunato: L’idea è quella di responsabilizzare le imprese profit evitando il triste meccanismo della mera elargizione economica alle cooperative in cambio dell’inserimento lavorativo del disabile. Le nostre proposte riguardano principalmente la rilettura dell’articolo 12 bis, attraverso la sperimentazione con aziende private, computando nella cooperazione sociale non oltre il 30% della quota d’obbligo delle imprese. In più gli interventi non devono avere carattere continuativo e perpetuo, ma devono inserirsi in una corretta funzione di delega temporanea. Inoltre chiediamo la garanzia di una formazione delle persone inserite.
SJ: Rispetto agli articoli 52 e 69 del nuovo Codice degli appalti, quali sono le prospettive?
Brunato: Puntiamo molto sulle clausole sociali, perché sembrano avere un’enorme potenzialità nell’aprire spazi di fantasia e intervento più ampi del semplice inserimento lavorativo. Ecco perché pensiamo sia fondamentale l’integrazione tra le opportunità previste dalle clausole e l’interesse sociale della 381. Per far questo però è necessario superare alcune problematiche e principalmente il fatto che le stazioni appaltanti hanno difficoltà, spesso pretestuose, a comprendere il senso delle norme.
SJ: Per risolvere le problematiche legate al disinteresse delle P.A. per la qualità del progetti di inserimento, state studiando un modello di standardizzazione dei processi. Di che si tratta?
Brunato: Puntiamo sulla qualificazione e certificazione dei modelli di inserimento, anche se al momento non è facile standardizzare un modello, vista la varietà delle esperienze sul territorio. Però guardiamo con interesse la nuova figura del tutor aziendale, o tutor dell’inserimento, che viene adottata da molte cooperative come figura chiave nell’inclusione.
SJ: Da tempo state portando avanti il discorso sulla riforma degli articoli 4 e 5 della 381. Quali sono i punti nodali delle vostre proposte?
Brunato: Già oggi le cooperative stanno inserendo categorie deboli non considerate dalla legge 381. Siamo, però, consapevoli che il semplice mettere mano all’art. 4 ha il rischio di fare della cooperazione sociale il rifugio di tutte le difficoltà sociali, con l’inevitabile deriva assistenzialistica. L’idea, quindi, è di lavorare contemporaneamente anche sull’art. 5 per restituire alla cooperazione il suo status di impresa. Da una parte proponiamo di lavorare sulla “temporaneità dello svantaggio sociale” e sulle condizioni di disagio emergenti, dall’altra riteniamo necessario superare o rivedere il tema della “soglia”, integrando il “sotto soglia” con le clausole sociali ed estendere, magari con qualche limite, le convenzioni anche ai lavori (oggi limitate ai servizi).

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