Mondo

Sette giorni al default

A Obama resta solo una settimana per trovare l'accordo

di Redazione

Con l’orologio della corsa degli Stati Uniti verso il default che segna solo meno sette giorni, il pubblico americano, ma anche i mercati internazionali, hanno assistito al poco confortante duello tra Barack Obama e John Boehner, lo Speaker della Camera, a suon di messaggi tv.

In un discorso di 15 minuti dalla Casa Bianca trasmesso in prime time, il presidente americano infatti è tornato a puntare il dito contro i repubblicani che impediscono di raggiungere un accordo per l’innalzamento del debito «mettondo a rischio l’economia con proposte che fanno solo perdere tempo». E poi si è rivolto agli americani chiedendo loro di farsi sentire direttamente con i propri rappresentanti a Washington per mettere fine «a questo gioco pericolosissimo».

«Questo non è il modo in cui si guida il più grande paese della Terra, non permetteremo che gli americani diventino danni collaterali di una guerra politica», ha detto, «se volete che si risolvi in modo equilibrato la riduzione del debito, fatelo sapere ai vostri rappresentanti al Congresso». Da parte sua, Boehner non si è tirato indietro e – con un altro, più breve, messaggio alla nazione trasmesso subito dopo dal Congresso – ha ribadito il mantra repubblicano della necessità di drastici tagli alla spesa pubblica ed ha criticato come troppo poco incisivo il piano presentato dai democratici al Senato.

Boehner ha poi attaccato direttamente le parole di Obama che – rivela oggi Politico – era rimasto molto seccato dal fatto che il repubblicano avesse deciso di replicare in tv al suo discorso alla nazione che la Casa Bianca aveva organizzato con trattative riservate con i network. «Il presidente ha più volte detto che vuole un approccio equilibrato che a Washington significa, noi spendiamo di più e voi pagate di più», ha detto lo Speaker Gop, «la triste verità è che il presidente voleva un assegno in bianco sei mesi fa e vuole quell’assegno oggi. Ma non lo avrà».

Insomma parole che sembrano molto lontane dallo spirito di compromesso necessario a trovare un accordo che permetta l’innalzamento del debito pubblico entro il due agosto, data in cui – in assenza di un voto del Congresso che sblocchi questo tetto – gli Stati Uniti rischieranno l’insolvenza e il downgrading da parte delle agenzie di rating.

«I repubblicani dicono che sono d’accordo nel voler evitare il default, ma il nuovo approccio presentato oggi da Boehner ci constringerebbe ad affrontare di nuovo la minaccia del default tra sei mesi, in pratica non risolve il problema», ha detto ancora Obama riferendosi al piano in due tempi proposto dallo Speaker, che prevede un taglio immediato di 1200 miliardi in cambio dell’innalzamento del debito solo provvisorio, subordinato ad un ulteriore taglio di 1800 miliardi da varare il prossimo anno.

Anche i discorsi di ieri notte hanno confermato come il durissimo, e pericolosissimo, scontro in atto a Washington e tutto ideologico, tra i democratici che vogliono difendere il già scarno welfare americano e i repubblicani – sotto la spinta dei pasdaran ultraconservatori del Tea Party – che vogliono usare questa battaglia per smantellarlo quanto più possibile. E, soprattutto, difendendo coltello ai denti tutti i privilegi fiscali concessi ai più ricchi nell’era Bush.

Ed a questa battaglia di valori, di visioni contrapposte del sogno americano, ha fatto riferimento Obama: «la maggior parte degli americani, a prescindere dall’appartenenza politica, non capisce come possiamo chiedere ad un anziano di pagare di più per la sua assistenza sanitare prima di chiedere ad una corporation o una compagnia petrolifera di rinunciare a sgravi fiscali che altre compagnie non hanno. Come possiamo chiedere ad uno studente di pagare di più per l’università, prima di chiedere ad un manager degli hedge fund di smettere di pagare le tasse ad un’aliquota inferiore di quella delle sue segretarie? Come possiamo tagliare fondi alla scuola o all’energia pulita prima di chiedere a gente come me di rinunciare a sgravi fiscali di cui non abbiamo bisogno e che non abbiamo chiesto?».

«Questo non è giusto – ha concluso Obama – tutti noi vogliamo un governo che non viva sopra le sue possibilità, ma vi sono ancora cose che dobbiamo pagare come nazione». Il presidente è poi tornato a spiegare come nel suo piano non sono previsti aumenti di tasse per «il 98% degli americani che hanno un reddito inferiore ai 250mila dollari», puntando invece ad una diminuzione delle tasse «per la famiglie lavoratrici».

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