Mondo

Si rischia la chiusura dei servizi di salute mentale

I tagli operati dal governo non danno scampo al sistema che fu privatizzato

di Redazione

I 36,8 milioni di euro di tagli imposti dalla manovra del Ministero delle Finanze il 26-8-2011, come primo e inevitabile frutto porteranno alla chiusura immediata delle unità di salute mentale che operano sotto la responsabilità delle persone giuridiche di diritto privato (LEPL – Legal Entities governed by Private Law) e che oggi ospitano 1.500 pazienti affetti da disturbi mentali.
Negli ultimi 30 anni le LEPL sono stati incaricate dal Ministero della Salute dell’attuazione della riforma psichiatrica. Il governo ha affidato loro l’istituzione di 210 unità di Salute Mentale (83 case di imbarco, 16 pensioni, 32 appartamenti protetti, 42 centri diurni, 13 unità mobili, 2 centri per l’alzheimer, 6 centri diurni per l’autismo e altre 16 unità specializzate). La maggioranza di queste realtà sono state fondate durante le privatizzazione messe in campo dal governo. Una scelta che ha portato i LEPL alla gestione di una grande quantità di servizi nel contesto del Sistema Nazionale di Salute Pubblica. Le stesse che oggi con i tagli verrebbero di fatto smantellate. Non solo: le strutture coprono tutto il territorio nazionale e, in alcuni casi ciascuna ha bacini di utenza che corrispondono ad intere regioni del Paese. Perderle significherebbe non avere più una presenza sul territorio.
I tagli  dunque sono una pietra tombale non solo sul funzionamento ma addirittura sulla sopravvivenza  di questa grande rete.
Di fronte a questa situazione si pongono diversi problemi e interrogativi. Innanzitutto va sottolineato, che il sistema di salute mentale greco aveva già affrontato un periodo di crisi tra il 2004 e il 2009. Quello che portò alla cessione a privati. Anche in quel caso all’inizio il governo decise di abbattere gli investimenti. E questo nonostante le esigenze crescenti della popolazione bisognosa di cure di natura psichica e psichiatrica. La situazione venne superata grazie all’intervento della Commissione Europea che vigilò e finanziò la ripresa del settore. Oggi il problema si pone di nuovo ma oltre al crimine sociale e etico che si va perpetrando si profila all’orizzonte la possibilità che l’Ue chieda di riavere il finanziamento di 1.400.000.000 euro che aveva stanziato per la prima riforma psichiatrica. Dunque oltre al danno anche la beffa.

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