Non profit
Siamo partiti 23 anni fa grazie ai detenuti di Bergamo
La cooperativa sociale Areté
di Redazione

Pochi avrebbero scommesso sul biologico 23 anni fa. Fra questi, però, l’ha fatto un gruppo di amici di Bergamo tra cui c’era anche Claudio Bonfanti, già assessore regionale nella giunta Tabacci, fino a pochi anni fa imprenditore nel settore delle bonifiche ambientali, attualmente presidente della società pubblica Porta Sud spa, ma soprattutto presidente della’associazione Amici di Areté, emanazione della cooperativa sociale Areté (di cui è socio), specializzata in produzione e distribuzione del biologico. Una presenza storica: con 2 milioni e mezzo di euro di fatturato annuo, 15 dipendenti e un negozio bio nel centro di Bergamo, oltre a una delle 245 fattorie sociali biologiche censite da Aiab (di cui Areté è membro).
Come mai 23 anni fa avete deciso di fondare una cooperativa sociale dedicata proprio al biologico?
Quelli erano tempi in cui da un lato cresceva una certa sensibilità ambientalista, dall’altro cominciavano a farsi largo le prime iniziative legate alla legge Gozzini del 1986, offrendo nuove possibilità di rieducazione per i detenuti.
Cosa produce la cooperativa?
Produciamo ortaggi, mentre la frutta l’acquistiamo all’esterno grazie a un accordo con le cooperative dell’associazione Libera. Ma soprattuto siamo il punto di riferimento di 35 piccoli produttori biologici nella bergamasca, che altrimenti non avrebbero modo di vendere i loro prodotti.
A chi vendete?
Ai consumatori finali attraverso il nostro negozio. Grazie al passaparola poi vendiamo ai Gas, ad alcune cooperative che fanno ristorazione e lavoriamo con qualche Comune della provincia, anche se – le devo confessare – coi tagli che ci sono stati negli enti locali questa è una frontiera difficile da mantenere.
E qual è il rapporto con la grande distribuzione?
Siamo in contatto con il Gruppo Lombardini (supermercati Pellicano, ndr), però prima di fare questo passo dobbiamo sciogliere il problema del confezionamento del prodotto – che noi non facciamo – e per cui servirebbero investimenti troppo onerosi in questo momento.
Punti critici?
Beh… rimane quello della produzione. Mantenere la qualità del biologico e nello stesso tempo garantire dei prezzi competitivi non è sempre facile. Tenga conto, ad esempio, che è un nostro punto d’onore aver assunto i nostri dipendenti per tutto l’anno: 4 lavorano sui campi, e ovviamente vengono retribuiti anche da novembre e gennaio quando il lavoro all’esterno è praticamente nullo. Adesso abbiamo esternalizzato il trasporto, ma chissà: vedremo fra un paio di anni se abbiamo fatto la scelta giusta. [R.Ba]
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