Medio Oriente

Siria: più di un milione di rifugiati è tornato nel Paese, ma è tutto da ricostruire

«In Siria, in questo momento, stanno succedendo molte cose: è un momento chiave per il futuro del Paese. Il nuovo governo, dopo il cambio di regime, sta cercando di conquistare una stabilità e un riconoscimento a livello nazionale e internazionale. Più di un milione di persone è tornato in Siria dopo essere state rifugiate e quasi 700mila sono i nuovi sfollati interni», dice Andrea Sparro, rappresentante Paese dell’organizzazione umanitaria WeWorld nel paese

di Redazione

«In Siria, in questo momento, stanno succedendo molte cose: è un momento chiave per il futuro del Paese. Il nuovo governo, dopo il cambio di regime, sta cercando di conquistare una stabilità e un riconoscimento a livello nazionale e internazionale. Più di un milione di persone è tornato in Siria dopo essere state rifugiate e quasi 700mila sono i nuovi sfollati interni», dice Andrea Sparro, rappresentante Paese dell’organizzazione umanitaria WeWorld nel paese.

Sparro racconta la realtà di un paese da ricostruire, dove la crisi degli ultimi 14 anni ha lasciato ferite profonde e dove, oggi, più di un milione di persone rifugiate e sfollate stanno tornando, aggravando una crisi umanitaria già profonda. Nei mesi scorsi, sia gli Stati Uniti che l’Unione Europa hanno annunciato la rimozione delle sanzioni sulla Siria: un passo che apre la possibilità a fondi per lo sviluppo – fino a ora assenti – e che ci permetterà di continuare a partecipare alla ricostruzione del paese. Tuttavia, sia la stabilità e che la ripresa del Paese sono compromesse dai continui attacchi verso le minoranze etniche e religiose, come quelli delle ultime settimane a Suweyda. Finché questi non si fermeranno, il futuro della Siria rimane incerto.

«La nostra speranza è che questo governo sia in grado di favorire la coesione sociale, necessaria alla ricostruzione e alla rinascita di questo paese distrutto», conclude Sparro.

WeWorld è presente in Siria dal 2011, prima dell’inizio della crisi, con 3 uffici: Damasco, Aleppo e Deir-ez-Zor. Nel 2024 ha iniziato a operare nel governatorato di Raqqa. Il lavoro dell’ong si concentra sull’educazione in emergenza, sull’acqua e servizi igienici e sanitari (Wash) e, più recentemente, sull’early recovery e livelihood. 

Negli ultimi anni le aree principali di intervento si sono spostate dalle aree urbane a quelle rurali, in particolare le comunità più remote, più isolate e dove gli effetti della crisi e della distruzione sono stati maggiori. In queste aree sono disponibili pochissimi servizi e opportunità di lavoro, e il graduale ritorno delle famiglie che hanno abbandonato le loro case durante il conflitto rischia di esercitare ulteriore pressione su un accesso ai servizi di base già limitato.

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