Non profit

Social lending, favola con finale amaro

Chiusa anche la seconda piattaforma "peer to peer"

di Redazione

«Allora è guerra al social lending». Sono queste le prime reazioni che partono da molti siti legati al prestito “peer to peer” (p2p) on line: dopo la cancellazione di Zopa.it dall’albo degli intermediari dalla Banca d’Italia (ufficializzata il 10 luglio), il 4 agosto è stata infatti bloccata anche la piattaforma di p2p di boober.it. Come riferito dal sito, non è il servizio p2p a essere finito nel mirino degli ispettori, ma alcune attività della società che controlla Boober, la Centax, specializzata nei servizi finanziari telematici.
Boober, un marchio olandese sbarcato in Italia in joint venture con la società finanziaria bergamasca, aveva iniziato la sua attività in Italia ad aprile e come Zopa aveva raccolto subito un notevole successo. Tant’è vero che solo il 13 luglio scorso La Stampa dedicava al fenomeno p2p un’apertura delle proprie pagine economiche con un titolo roboante: «Il boom di prestiti tra privati». Il giorno prima anche Il sole 24ore aveva registrato l’ottima accoglienza avuta in Italia da sue siti di social lending.
Perché Banca d’Italia è intervenuta a bloccare temporaneamente le attività? La cosa era attesa dagli stessi operatori che non hanno letto l’intervento dell’organismo di controllo come un intento punitivo. Come scrive uno di loro, in servizio per Boober, sul blog di Zopa: «Lo stop è relativo ad altre attività di Centax e non all’attività di Boober stessa e ci sentiamo di condividere in pieno la posizione di chi non vede alcun accanimento di Banca d’Italia contro il social lending. Siamo una società che opera nel campo dei pagamenti, e siamo leader da 20 anni in Italia nei servizi di accettazione assegni». Quindi quale sarebbe il motivo che ha indotto Banca d’Italia a bloccare la piattaforma di Boober? «La contestazione riguarda un’interpretazione differente della nostra attività, unica nel suo genere e ad oggi difficilmente inquadrabile nella normativa bancaria». A Centax è stato fatto «divieto di acquisizione di nuovi contratti, fatto salvo unicamente la prosecuzione dell’attività in corso, limitatamente ai contratti in essere».
Per questo Boober si trova nella situazione, piuttosto assurda, per la quale – come si legge nella home page del sito stesso – «tutti gli utenti le cui iscrizioni sono state perfezionate entro il 27 luglio 2009 possono continuare a operare pienamente, richiedendo ed erogando prestiti».
Zopa, a sua volta, sta invece aspettando l’esito del ricorso al Tar (depositato il 24 luglio) e sta elaborando nuove strategie tra cui, per esempio, l’apertura di un conto di moneta elettronica intestato ad ogni singolo prestatore. Centax invece sta aspettando la risposta della Banca d’Italia per l’iscrizione nell’elenco speciale previsto dall’articolo 107 che detta le regole per l’accesso all’albo degli intermediari finanziari. La situazione però è molto rischiosa: lasciar passare molto tempo, cioè non riuscire a chiarire le vicende in tempi rapidi, minaccia di compromettere il legame di fiducia che si era creato tra i vari “agenti”. Quello del social lending per definizione, e più di molti altri, è un business che si fonda sul tentativo di costruire una piccola comunità dove i rapporti limpidi e per l’appunto la fiducia sono indispensabili.

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