Non profit

Social network «sì», iPhone «no» la bussola per non perdersi on line

In Italia solo 1,5% delle donazioni viene elargito via web

di Redazione

In Italia siamo fermi all’1,5%». Partiamo da qui. Paolo Ferrara, fundraiser, blogger e soprattutto responsabile Comunicazione e raccolta fondi della Fondazione Terre des Hommes Italia non ha dubbi: «C’è ancora parecchia strada da fare perché la percentuale di donazioni effettuate online aumenti rispetto al totale delle offerte effettuate». Un dato che risulta ancora più significativo se confrontato con il picco più alto nel mondo – quello degli Stati Uniti – che nel 2010 è balzato al 7,5% (tre anni fa era il 4%).
C’è poi un altro problema. Dal 2010 i costi del direct marketing sono cresciuti esponenzialmente a seguito dell’abolizione delle tariffe postali agevolate al non profit. Come conseguenza molte associazioni hanno potenziato i propri strumenti online, ma anche qui i costi sono aumentati: «Dalla fine del 2011 i prezzi per l’acquisizione di liste sono raddoppiati, ma i risultati sono sempre peggiori per via del fatto che molti si sono riversati sull’online saturando il canale e riducendo notevolmente l’efficacia dei contatti acquistati da agenzie specializzate». Eppure, a guardare le poche ricerche effettuate finora sul fenomeno delle donazioni online, qualche motivo di fiducia c’è. Secondo l’agenzia Slash che l’anno scorso ha pubblicato il suo “Osservatorio Fundraising Online 2010”, nel 2009 ben due donatori online su tre lo fanno direttamente sui siti delle organizzazioni non profit e quasi l’80% ritiene la donazione via web “più comoda” perché veloce ed è possibile effettuarla in ogni momento. In compenso la consuetudine all’uso dei metodi tradizionali di donazione e la volontà di non fare pagamenti online (56%) sono i principali ostacoli alla crescita del settore. A sorpresa, infine, la newsletter elettronica risulta ancora lo strumento preferito dagli utenti per essere aggiornati con il 69% delle preferenze, seguono Facebook (29%), newsletter cartacea (24%) e YouTube (11%).
«A mio avviso la tecnologia che attualmente garantisce i migliori risultati è il CPC di Google. In questo modo si paga in funzione di un risultato concreto e i tassi di conversione sono più alti rispetto ad altri metodi», suggerisce Ferrara. Già, perché il “Costo per Click” (parte del servizio “Adwords” offerti dal gigante di Mountain View) offre la possibilità di acquistare parole chiave grazie alle quali, nel momento in cui un utente fa una ricerca sul motore di ricerca, alla sua destra sullo schermo compare la propria pubblicità. «A seguire consiglierei di migliorare il posizionamento nei social network», conclude Ferrara, «e di evitare, almeno per ora, di sviluppare applicazioni iPhone per raccogliere fondi. In questo caso si infatti è costretti a lasciare il 30% ad Apple, una cifra che non si può giustificare nei confronti dei donatori; e infine di implementare sistemi di fidelizzazione tali per cui un donatore possa decidere di donare regolarmente».

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