Non profit

Solo morte intorno a noi

Le voci disperate dei cooperanti da Haiti

di Redazione

Drammatiche le testimonianze che arrivano da Haiti colpita ieri sera da un violento terremoto. Radio Popolare Network ha raggiunto a Port-au-Prince Maurizio Barcaro, un cooperante italiano della ‘A,B,C, solidarietà e pace-ONLUS‘, un’organizzazione che ha avviato nella capitale haitiana un progetto per la costruzione di una scuola. Il suo racconto è drammatico: «La scossa è stata terribile. L’edificio ha retto per fortuna. Non è crollato. Era pieno di studenti, che sono scappati fuori, salvandosi. Non così è stato per un anziano che si trovava all’interno di uno struttura accanto alla nostra. È morto. Attorno a noi, solo morte e desolazione. Le persone sono tutte per strada. Anche noi, con un lenzuolo, stiamo seduti o stesi sul terreno – racconta ancora l’uomo – in attesa di aiuti». Isolati, senza corrente elettrica, Maurizio Barcaro ha spiegato che anche lui riesce ad avere scarse notizie dalle altre zone della città. «Sappiamo di moltissimi crolli, di dispersi sotto le macerie. Sentiamo le poche ambulanze girare senza sosta per le strade. L’ospedale più vicino alla nostra missione è crollato. Molti feriti non sono stati ancora curati. E sono poche le speranze che possano esserlo nelle prossime ore».

E scatta l’allarme anche per la difficoltà dei soccorsi. ”La pista dell’aeroporto della capitale di Haiti Port-Au-Prince è fortemente danneggiata e probabilmente gli aiuti faticheranno ad arrivare”, spiega ai microfoni di CNRmedia il giornalista canadese Pierre Gramsclo. ”A Port-Au-Price – ha aggiunto il giornalista – la gente si sta riversando per le strade e cerca di tenersi il più lontano possibile dalle abitazioni, che sono quasi tutte crollate o pericolanti”.

Pedre Carel, conduttore di un programma in un’emittente radio di Port-au-Prince, racconta a Liberation: «Ho sentito che la mia macchina sobbalzava un po’. E questo è durato tra i 6 ed i 10 secondi. Ho guardato davanti a me e ho constatato che molte persone cadevano per terra. All’inizio – spiega – pensavo si trattasse di un terremoto normale. Ho proseguito a piedi per raggiungere la radio ed è a quel punto che ho realizzato la portata della catastrofe. Le case crollavano, i feriti chiedevano aiuto”.
Fiato sospeso per gli italiani presenti nell’isola, al momento nessun connazionale risulta coinvolto ma le verifiche, rese difficili dalle difficoltà di comunicazione, sono ancora in corso. “È quasi tutto raso al suolo. Le città più colpite sono Carrefour e Jacmel”, riferisce all’ agenzia ADNKRONOS Mimmo Porpiglia, già console onorario di Haiti in Italia, in costante contatto con i familiari sull’isola. “Manca tutto: viveri, medicinali, acqua e luce – aggiunge – sono pochissime le case in piedi. Quasi tutte, infatti, sono state danneggiate”. “Uno solo degli ospedali è rimasto in piedi – spiega – e il palazzo presidenziale si è praticamente accartocciato. Molti alberghi sono crollati”. Una vera e propria “carneficina” sottolinea Porpiglia, specialmente nelle bidonville.
C’è preoccupazione per suor Anna D’Angela, salesiana, 76 anni, partita nel ’55 per Cuba e poi da Cuba arrivata ad Haiti. “Siamo molto preoccupati non riusciamo a metterci in contatto nemmeno con il numero privato. Dalla Farnesina ci hanno fatto sapere che dobbiamo aspettare”.
Esprime preoccupazione anche Mariavittoria Rava, presidente della Fondazione Francesca Rava – Nph Italia Onlus, impegnata negli aiuti all’infanzia nei paesi più poveri e che ha ad Haiti alcune strutture, tra le quali un orfanotrofio e un ospedale. «È una catastrofe di dimensioni immani. Le nostre strutture, anche quelle più resistenti e a prova sismica, hanno subito gravissimi danni». Rava è riuscita, dopo il terremoto, a parlare con il responsabile di Nph Haiti, padre Richard Frechette: «Era disperato, mi ha raccontato che le auto in strada saltavano, che ci sono persone abbandonate in strada. Una situazione apocalittica. Ora le comunicazioni sono interrotte, riusciamo ad avere qualche notizia solo tramite Skype e Facebook». «Sono sconvolta – ha spiegato il presidente della Fondazione Francesca Rava – Noi lì abbiamo una cinquantina di volontari, stiamo cercando di capire come stanno. Tra loro ci sono due italiani, uno di loro dormiva nell’orfanotrofio, che si trova lontano dall’epicentro del sisma, e sappiano che sta bene ma dell’altro ancora non abbiamo notizie e siamo molto preoccupati». 

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