Non profit

Stoccolma, il welfarebin mano ai cittadini

Dal 1° gennaio di quest'anno la Svezia ha rivoluzionato la protezione sociale

di Redazione

Si chiama «Law on freedom of choice». E con questa legge il Paese scandinavo trasforma la sussidiarietà in vero e proprio sistema. Sino a ieri l’85% dei servizi era gestito dallo Stato. Ora inizia una rivoluzione D i tutti i Paesi europei, è quello che sembrava aver meno bisogno del terzo settore. Per il suo welfare di Stato capace di accompagnarti dalla culla alla pensione e di tesserti una rete di protezione se per caso inciampi nell’indigenza, nella tossicodipendenza o anche solo in un’annata di poca voglia di studiare all’università. Per l’altissimo livello dei suoi servizi socio-assistenziali garantiti, low cost o addirittura no cost, praticamente a tutti. Eppure, a sorpresa, la Svezia è il primo Stato dell’Ue a trasformare la sussidiarietà orizzontale in legge: la Lov (Law on freedom of choice). Nel giro di una notte: il 31 dicembre 2008 la popolazione è andata a dormire sapendo che l’85% dei servizi socio-assistenziali era gestito dal governo, e il primo gennaio 2009 si è svegliata con il diritto di scegliere non solo il tipo di assistenza più adatta alle sue esigenze ma anche il fornitore. Pubblico, privato o non profit. Il costo continua a essere a carico dello Stato tramite la raccolta delle tasse. E la possibilità di scelta è garantita sia alle fasce deboli aventi diritto a particolari servizi di welfare sia ai cittadini in buona salute desiderosi di farsi la pulizia dei denti o un controllo oculistico. Una sterzata a tutta velocità che non era obbligatoria e che, tuttavia, hanno scelto di attuare da subito 186 delle 290 municipalità locali svedesi responsabili della fornitura di servizi socio-assistenziali. Che succede a Stoccolma?
Semplice: lo Stato si è accorto di aver bisogno del terzo settore e di una legge ad hoc capace di regolare l’assegnazione e la fornitura di servizi pubblici su criteri diversi dal principio “minor costo di gestione maggior risparmio per il governo”. Principio che nel 1992, quando entrò in vigore la legge sugli appalti pubblici e l’unico servizio da affidare al non profit sembrava essere la raccolta della spazzatura o della neve, pareva funzionale alle esigenze del Paese. Nel 2007, la legge sugli appalti viene modificata, ma l’assistenza agli anziani o ai minori continua a sembrare marginale rispetto alle partite aperte su costruzioni e sviluppo urbanistico. Da qui la creazione di criteri impossibili da rispettare per il non profit, a cominciare da bandi di gara che vanno compilati in tempi strettissimi e che richiedono uno staff dedicato, con conseguenze facilmente immaginabili: il profit entra prepotentemente sul mercato del welfare senza però risolvere problemi come la disoccupazione, il reinserimento sociale di tossicodipendenti e disabili, l’emergenza alloggi e i flussi migratori.
La società civile, che oggi in Svezia produce circa il 5,3% del Pil, comincia a porre le basi per la riforma del welfare nel 2006. Facendo leva sia sui criteri di assegnazione degli appalti, sia sulla paura, da parte di molte sigle sociali, di perdere autonomia e indipendenza diventando fornitori dello Stato. I risultati della sua azione arrivano nel 2008, tutti insieme. Il 23 ottobre, il governo presenta un documento di accordo con il terzo settore, detto Compact, in cui non solo si impegna a creare le condizioni perché la società civile entri nel mercato del welfare ma anche a garantirne l’abituale autonomia di parola e di azione. E a pochi giorni di distanza, ecco l’approvazione della Lov (Law on freedom of choice) che prevede la creazione di un database nazionale sulle municipalità che accettano di mettere in pratica la legge e sui criteri che privato profit e non profit devono rispettare per poter essere ammessi a fornire un servizio pubblico. Obiettivo: facilitare il lavoro agli aspiranti fornitori di servizi, che possono fare ricorso a un tribunale in caso la loro offerta venga bocciata, e lo scambio di buone pratiche tra municipalità che possono anche decidere di concludere accordi con fornitori esterni al loro territorio.
E i beneficiari ultimi della riforma? Che si tratti di soggetti deboli o di nuclei famigliari senza particolari problemi sociali, vengono responsabilizzati al 100%. Lo Stato continua a pagare la loro assistenza sociale e sanitaria, mentre la municipalità in cui risiedono si assume l’obbligo di certificare tutti i servizi offerti sul territorio e di comunicarli al cittadino cui spetta la scelta definitiva. E l’altrettanto definitiva trasformazione da utente ad arbitro del welfare.

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