Ci sono quelli che, grazie al contributo di Progetto Appennino o di ReStartApp, hanno messo in piedi un birrificio artigianale nel Savonese, tessiture di lane pregiate nelle Marche, alberghi sui sentieri emiliani, unendo memoria (la Resistenza) e accoglienza; oppure c’è chi ha lanciato una linea erboristica, chi ha impiantato un’azienda agricola in quota.

Una festa nel cuore di Genova
Venti e oltre: quelli di Fondazione Edoardo Garrone hanno voluto ribattezzare così la loro tre giorni genovese (giovedì, venerdì e sabato scorsi) per festeggiare i primi due decenni di impegno filantropico. E in questi venti anni, quelle storie, di giovani in movimento, con la voglia di intraprendere, disposti a fare impresa anche nelle aree interne e montane, sono state una costante.
Tre giorni all’insegna della riflessione, dello scambio, del divertimento, nel cuore del centro storico, ai Giardini Luzzatti, dietro la bellissima chiesa di San Donato, fra le cui navate ti puoi commuovere pensando alle vite, ai dolori, alle speranza che sono passati da lì nei secoli, fra cui quella di Nicolò Paganini, che ci fu battezzato. Siamo nella piazza che – vedi i casi della vita – è dedicata a Mauro Rostagno, uno che voleva fare la rivoluzione, s’era consumato dietro alle anime perse nell’eroina, finendo ammazzato dalla mafia che sfidava ogni giorno da una tv locale, lui che era partito da Re Nudo.
Luca Mercalli e Banda Osiris: raccontare la tragedia del clima col sorriso sulle labbra
E il re è nudo anche oggi: il clima cambia e, se non cambiamo il nostro modo di vivere e di produrre, ci troveremo sempre più a doverne drammaticamente mitigarne gli effetti, ad adattarci a fanomeni atmosferici imprendibili chi potrà farlo, a prezzi umani ed economici crescenti. Per ricordarlo, la Fondazione ha chiamato Luca Mercalli, colto metereologo, che l’ha raccontato giovedì sera al Teatro della Tosse, con la sua levità solita, in dialogo con gli scatenati performer di Banda Osiris, che invecchiano saltellando, ballando e suonando, come se 40 anni e passa anni di vita artistica non ci fossero mai stati. Un ritorno, aggiornato, di uno spettacolo che spopolò nel 2016: Non ci sono più le quattro stagioni.

Fra gli stand, si raccontano storie di entusiasmo, di idee generative, di passione trasformativa, di voglia di rischiare. Alla fine, i valori che stanno all’origine della storia filantropica che li ha incontrati, ascoltati, sostenuti, in qualche modo accuditi professionalmente: Edoardo Garrone, il capostipite, volava a Londra negli anni 50 a trattare coi dealer petroliferi, portandosi con sé il figlio Riccardo, studente universitario, che l’inglese lo aveva imparato. Era la Edoardo Garrone Raffinerie, Erg. Poi sarebbe toccato a quest’ultimo, Duccio per tutti ma anche per molti genovesi che gli anno sempre riconosciuto un grande attaccamento alla città della Lanterna.
La terza generazione che ha scelto le rinnovabili
Al timone oggi c’è la terza generazione quella di Edoardo e Alessandro Garrone, rispettivamente presidente vicepresidente esecutivo, e di Giovanni Mondini, vicepresidente, tanto per stare al consiglio di amministrazione, ma nell’assemblea dei soci già cresce la quarta generazione, in uno dei passaggi più riusciti del capitalismo familiare italiano (grazie alla competenza del compianto Guido Corbetta, il bocconiano che aveva tenuto a battesimo l’Associazione italiana delle aziende di famiglia Aidaf, di cui Alessandro è tutt’ora vicepresidente vicario).
Ed è questa la generazione che, a proposito della necessità di cambiare, ha saputo riconvertire, con tempismo ed efficacia da studiare, compiendo la trasformazione totale delle attività: dalla raffinazione del petrolio alle rinnovabili: «Abbiamo praticamente venduto Erg, 15 anni fa», dirà proprio Alessandro nell’evento istituzionale del venerdì. Lui che era già ceo della Erg quando, nel 2013, alla morte del padre Riccardo, prese anche le redini delle Fondazione. Una realtà filantropica che Duccio aveva fondato nel 2004 e a cui teneva tantissimo, così come teneva all’idea che bisognasse tentare qualcosa per fermare lo spopolamento dell’amata montagna appenninica. Eredità, anche questa, che i figli e nipoti hanno certo onorato, visto che le attività di fondazione, proprio sulle aree interne sono diventate una best practice.
L’industriale Casoli (Elica): «La filantropia conviene»
Di Aidaf a Genova c’era un past president, Francesco Casoli, patron di Elica, l’azienda produttrice di cappe da cucina “di ultra design2, marchigiano sanguigno di Fabriano (An), filantropo anche lui.

Nel secondo giorno, durante l’evento istituzionale, Seminiamo il futuro, Casoli ha raccontato della Fondazione Ermanno Casoli, che offre arte e musica ai dipendenti e alla cittadinanza. «Lo faccio perché conviene», ha spiegato, «perché è una spinta creativa per i nostri collaboratori: a ogni programma culturale, fa seguito una crescita dei nostri brevetti». Ha dialogato con Stefania Mancini, presidente di Associazione italiana fondazioni ed enti filantropici – Assifero, presidente della Fondazione Charlemagne e, come tale, impegnata fortemente sulle povertà educative della Capitale, particolarmente nelle sue periferie. Mancini ha ricordato l’ampiezza del movimento filantropico in Italia e del ruolo aggregativo svolto dall’associazione: «Io la chiamerei responsabilità più che convenienza», ha chiosato l’intervento dell’industriale marchigiano.
Vent’anni in cifre
Seminiamo il futuro ha permesso al presidente Alessandro Garrone e alla direttrice generale Francesca Campora di tracciare il bilancio di questi anni: circa 35 milioni di euro investiti, di cui oltre 27 direttamente nei progetti, ricordando come i principali beneficiari delle attività siano i più giovani: «Solo dal 2020 a oggi sono stati coinvolti nei progetti didattici circa 2.400 bambini e ragazzi delle scuole genovesi di ogni ordine e grado, mentre l’impegno per la valorizzazione e il rilancio dell’Appennino e dei territori montani, che ha avuto inizio nel 2014, conta invece 14 edizioni di ReStartApp e ReStartAlp, incubatori per giovani aspiranti imprenditori della montagna; quattro invece le edizioni del più ampio Progetto Appennino, con 163 giovani aspiranti imprenditori formati, e oltre 100 imprese appenniniche affiancate con percorsi di accelerazione e creazione di reti». Un bilancio che conta 61 nuove giovani imprese avviate da Nord a Sud Italia.

Il futuro: giovani nel board e impatto controfattuale
Ma oltre ai numeri, di certo lusinghieri, c’è di più: Fondazione Garrone è una delle realtà più attente alla valutazione di impatto, avendo cominciato ad applicare i criteri del Social return on investments – Sroi, standard che consente la misurazione monetaria dell’impatto generato, a diversi progetti, «per trasformare ogni progetto in un’occasione di miglioramento e innovazione», dicono. A breve arriverà anche quella “controfattuale” negli interventi nell’area scolastica, molto concentrata sulla Liguaria.
Per il futuro, annunciato anche un rinnovo della governance, «con l’inserimento di consiglieri indipendenti e l’introduzione di uno Youth steering committee, spazio di ascolto e confronto dedicato ai giovani».
«In un contesto segnato da crisi globali e crescenti disuguaglianze», ha aggiunto Garrone, «il Terzo settore ha rafforzato il proprio ruolo come presidio di coesione sociale e laboratorio di innovazione, chiamato a rispondere con responsabilità condivisa, nuove alleanze e ascolto attivo ai bisogni in evoluzione delle persone, in particolare delle giovani generazioni». Uno scenario in cui, forte dei suoi vent’anni di esperienza, «Fondazione Garrone sta compiendo alcuni importanti passi, quali incremento delle risorse, ampliamento degli interventi e avvicendamento generazionale nella Governance, per proseguire il proprio cammino a favore dei giovani più fragili e per partecipare in modo sempre più attivo e competente allo sviluppo del più ampio settore filantropico nazionale».
Un “oltre” che fa rivivere la memoria
Garrone cioè è già sintonizzato su quel “oltre” che formava l’azzeccato payoff di queste celebrazioni. Fa bene. Onora anche in questo – e con lui, suo fratello, i suoi cugini, i figli e i nipoti, ché fra i Garrone è davvero tangibile questa coralità familiare – onora anche in questo, dicevamo, Riccardo che non era tipo da pensare alla rendita di posizione o starsene imprenditorialmente con le mani in mano. E così da filantropo, visto che consegnava il suo “Libro bianco sulle aree interne appenniniche” a qualsiasi autorità politica gli capitasse a tiro: neppure Romano Prodi, quando visitò Genova, durante il suo governo e lo incontrò perché Garrone era ai vertici di Confindustria. Anche lui ricevette il faldone.

Una sana, civica ossessione, molto prima che i libri, i convegni sulle aree interne, gli appelli a favore delle aree interne, prendessero piede.
E cercando negli archivi dell’agenzia fotografica LaPresse, troviamo, di Garrone una foto del 1997 (sopra, ndr) e chissà che il fascicolo che porta in mano non sia proprio quello sull’Appennino.
«Non mi alzo da letto senza un progetto», era solito dire ed era una verità prima che una rima baciata.
Nella foto di apertura Alessandro Garrone visita con Francesco Casoli gli stand delle imprese di montagna incubate o sostenute dalla fondazione. Tutte le foto sono dell’ufficio stampa di Fondazione Edoardo Garrone, tranne quella di Riccardo Garrone che è dell’agenzia LaPresse.
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