Kharkiv è la seconda città ucraina, prossima al fronte russo, con i suoi 33 atenei e 150mila studenti, è il centro universitario più importante del Paese. Lo facciamo con Igor Biletsky, rettore della Università di economia urbana Beketov, che è una delle realtà che aderisce al Giubileo della Speranza promosso dal Movimento europeo di azione nonviolenta – Mean. Ci parla della sua città, ma soprattutto della sua università che ha subito devastanti attacchi russi, ma che in pochissimo tempo si è rialzata e non ha mai interrotto le attività didattiche.
Biletsky, qual è il panorama scientifico di Kharkiv?
Kharkiv è sempre stata il centro della scienza e del movimento studentesco dell’Ucraina. Ci sono 33 università che formano laureati triennali (bachelor), magistrali e dottori di ricerca (PhD). Ci sono anche 30 college che formano junior bachelor. Il numero totale di studenti è tra 130mila e 150mila, su un totale della popolazione in tempi di pace di circa 1,5 milioni. Il corpo accademico è nutrito: 1.500 doctor of science, di cui 900 sono professori ordinari. Ci sono 3.500 membri del personale accademico con un dottorato di ricerca, di cui mille sono professori. Oltre alle istituzioni accademiche, ci sono istituzioni di ricerca che non formano studenti ma fanno pura ricerca. Quindi, la città ha davvero un enorme potenziale che l’ha resa protagonista nel plasmare lo sviluppo del Paese.
Ci descrive il sistema universitario ucraino in confronto a quello russo e a quello europeo?
Per quanto riguarda il confronto con la Russia, nel 2014 l’Ucraina ha interrotto tutte le relazioni scientifiche ed educative, tutti i precedenti accordi sono stati chiusi. Non ho nulla da confrontare e non abbiamo né la possibilità né il desiderio di farlo. Ma se confrontiamo l’Ucraina e l’Europa devo dire che ora, con lo scoppio della guerra, l’Europa ha iniziato a scoprire i nostri scienziati e le nostre università e i ricercatori europei hanno iniziato a familiarizzare con i nostri scienziati e vedono che siamo realmente avanzati in aree specifiche e che vale davvero la pena avviare una seria cooperazione con noi.
È una collaborazione piuttosto recente, quindi.
Sì, e ci sono molteplici ragioni. Una di esse potrebbe essere la differenza nella valutazione dei risultati scientifici. Cito ad esempio l’indice di Hirsch che registra il numero delle pubblicazioni e citazioni prodotte in un’università. Da noi i risultati scientifici erano valutati in modo leggermente diverso. Ad ogni modo, l’Ucraina si sta muovendo verso l’Europa e il nostro sistema, sia educativo che scientifico, si sta unificando con quello occidentale. Molti dei nostri docenti e ricercatori sono andati all’estero durante la guerra. Ora stanno lentamente tornando in Ucraina e stanno riportando con sé i legami che hanno stabilito con le università dove hanno lavorato mentre si trovavano in Europa come rifugiati. Se parliamo della nostra università, attualmente stiamo implementando progetti di sovvenzioni internazionali dell’Unione Europea, e vorrei sottolineare che la nostra comunità scientifica in questi anni di guerra ha acquisito un’enorme esperienza. Potrebbe non essere l’esperienza che desidereremmo per chiunque, e preferiremmo che nessuno dovesse mai affrontare questa terribile situazione, ma questa esperienza è molto preziosa e dovrebbe essere utilizzata e analizzata. Noi lo stiamo facendo.
Ci parli ora della sua università intitolata all’architetto Oleksiy Mykolaovych Beketov.
L’università è composta da sei istituti scientifico-educativi, con 46 cattedre. Eroga 96 programmi educativi per gli studenti. L’oggetto delle nostre ricerche e della nostra attività formativa è la città, la città moderna con tutte le sue manifestazioni, dal trasporto, alla comunicazione, alla psicologia e all’economia. Cioè, la città nella più ampia comprensione. Siamo un’università politecnica. Abbiamo un personale altamente qualificato, che comprende 98 doctor of science, 75 professori ordinari, circa 350 PhD, di cui circa 200 professori associati. Il numero totale di studenti varia durante l’anno: reclutiamo circa 7mila studenti. L’università comprende anche due college, ognuno con circa mille studenti. Se consideriamo il personale, gli studenti, i college, si tratta di circa 10mila persone. Secondo gli standard internazionali è un’università di medie dimensioni.
L’Università Beketov è stata seriamente danneggiata dai bombardamenti russi. Ci racconta che cos’è successo?
Rispondere a questa domanda è molto doloroso per me, perché abbiamo subito 24 attacchi, non uno o due. Ed è davvero duro vedere come tutto ciò che hai creato per molti anni venga totalmente distrutto. Non vi racconterò di ciascuno di questi 24 episodi. Ve ne descriverò solo uno che è abbastanza esemplare e che impressiona davvero molto. È successo il 5 febbraio 2023: di mattina presto, senza alcun motivo, poiché siamo un’università civile, non facciamo parte dell’infrastruttura di difesa, non c’erano militari nella nostra università, c’è stato un attacco con due missili balistici. Non erano droni.
Ci spieghi bene la dinamica del bombardamento.
Il missile balistico è un razzo che sale fino a un’altezza di 50 km, si capovolge e poi a velocità molto elevate, con i suoi motori che accelerano, punta rapidamente verso terra. A quel tempo non c’era protezione nella nostra regione contro missili di quel tipo, il che ha permesso loro di colpire con grande precisione: uno è caduto accanto al nostro edificio principale, mentre l’altro ha colpito direttamente la struttura centrale, che è stata in pratica completamente distrutta. Grazie a Dio era mattina presto e non c’erano dipendenti, solo le persone che sorvegliavano i locali e per fortuna nessuno di quei guardiani ha subito gravi danni. Ma già alle otto e mezza studenti e membri del personale accademico, ex laureati della nostra università sono venuti sul posto per offrire il loro aiuto; anche l’amministrazione della città, il sindaco, i rappresentanti dell’amministrazione regionale, il servizio statale ucraino. Quaranta minuti dopo l’attacco, circa 200 persone erano sul posto e quel numero è aumentato con il tempo, si è formata una catena umana di persone che toglievano i detriti con le mani.

E dopo quel disastro che cosa avete fatto?
Nel giro di una settimana avevamo già un progetto per la ristrutturazione primaria dell’edificio, perché abbiamo i nostri specialisti e anche le licenze per questo tipo di lavoro. In un mese avevamo già la documentazione completa per il recupero. Grazie al nostro governo e al ministero dell’istruzione e della scienza dell’Ucraina, abbiamo trovato finanziamenti per proteggere gli elementi esterni dell’edificio distrutto in vista dell’inverno successivo, come la copertura del tetto e la protezione delle finestre. Il 60% di tutte le strutture universitarie sono state danneggiate durante questi anni di guerra, ma attualmente solo il 10% è completamente fuori uso, il resto lo abbiamo già recuperato. Spesso ci mancano i soldi, ad esempio, per mettere i vetri alle finestre, perciò le copriamo con assi; abbiamo bisogno di denaro per i lavori di ristrutturazione interna, ma noi teniamo aperti tutti i locali, anche quelli danneggiati, e non appena la situazione sarà sufficientemente sicura, siamo pronti a iniziare immediatamente il processo di recupero totale. Quando ristruttureremo completamente l’edificio, sarà efficiente dal punto di vista energetico e avrà tutte le altre tecnologie avanzate. E non appena la situazione sarà sufficientemente sicura per noi per continuare, siamo pronti a implementare e a rendere la nostra università ancora migliore di quanto non fosse prima.
Come state svolgendo le attività accademiche?
È stato il Covid, iniziato nel 2019, a darci una mano. In quell’occasione abbiamo reimpostato il nostro modello educativo, introducendo le lezioni a distanza, così quando è scoppiata la guerra eravamo pronti per questa nuova forma di insegnamento. Nel corso degli ultimi due anni l’abbiamo portata praticamente alla perfezione. Svolgiamo lezioni a distanza, abbiamo introdotto piattaforme virtuali, ad esempio la piattaforma di simulazione di laboratorio Labster per gli studenti, e abbiamo anche implementato piani individuali nella loro istruzione. Allo scoppio della guerra abbiamo avviato una forma mista di insegnamento, una parte delle lezioni è fornita a distanza, una parte all’interno delle aule universitarie. Quando non ci sono allarmi, gli studenti possono seguire le lezioni nelle aule; quando suonano gli allarmi, si spostano nel rifugio, anch’esso ben attrezzato per le lezioni. Ci sono giorni in cui, su 24 ore, per 20 ore suonano gli allarmi aerei, quindi dobbiamo rimanere nel rifugio protetto. Per monitorare il livello di istruzione, abbiamo introdotto un controllo di qualità molto rigoroso. Stiamo accumulando un’esperienza che credo potrà essere utile a tutti, perché in futuro, ovunque, il percorso educativo sarà in parte a distanza.
Una parte dei vostri studenti è attualmente al fronte. Ci sono morti, ci sono feriti. Che tipo di supporto fornite loro?
Purtroppo abbiamo questi casi e abbiamo sviluppato un programma completo per supportarli, grazie anche alle autorità regionali e al ministero per i veterani. Non ci sono solo studenti al fronte, anche membri del personale accademico che si sono offerti volontari. Molti di loro sono rimasti feriti o invalidi, vengono congedati e tornano con traumi psicologici, con la sindrome da stress post-traumatico, ma siamo ben attrezzati per fornire servizi di alta qualità a queste persone. Abbiamo creato un centro veterani all’interno della nostra università e abbiamo impiegato personale appositamente formato che può aiutarli.
Gli studenti che si arruolano interrompono gli studi?
No, anzi, ora assistiamo a un fenomeno nuovo: i militari che sono al fronte vogliono diventare studenti. Prestano servizio sulla primissima linea del fronte, dove si svolge il combattimento, ma vogliono studiare e iscriversi all’università. La ragione è che questi giovani quando si sono arruolati pensavano ad un ingaggio di un anno o poco più. Ma il tempo passa ed essi ormai si prefigurano una carriera professionale nell’ambito militare. Ma per diventare ufficiali e garantire la loro crescita di carriera, hanno bisogno di un’istruzione superiore, specializzata, come meccanica elettrica, ingegneria civile, architettura. Il nostro ministero dell’istruzione e della scienza ha sviluppato e permesso una forma di istruzione a tempo parziale specificamente per questo tipo di persone. I comandanti militari concedono loro tempo specifico per lo studio: senza il loro permesso non è possibile iscriversi a tali corsi. Poiché si trovano al fronte, hanno rotazioni: dopo aver svolto i loro compiti di combattimento, passano nelle retrovie e hanno tempo per il riposo. Così utilizzano questo tempo per studiare. Noi organizziamo blocchi di lezioni per questi studenti ai quali viene concesso più tempo per il lavoro individuale. Sono state elaborate e introdotte linee guida metodologiche specializzate per coprire le esigenze particolari di tali studenti. È un’attività molto difficile sia per gli studenti, sia per noi, per i docenti, per chi amministra tutto questo processo, ma è assolutamente necessario farlo.
Cosa pensa dei negoziati in corso tra i leader mondiali sull’Ucraina? Crede che riusciranno a raggiungere la pace?
Credo di sì. Sono i leader mondiali più influenti, e ciò mi dà davvero speranza. In particolare vorrei estendere la mia più profonda gratitudine e apprezzamento al popolo italiano e al governo italiano per l’enorme supporto che ci stanno fornendo. Non è solo la mia opinione personale, ma anche l’opinione di molte persone con cui lavoro e comunico: apprezziamo in particolare il capo del vostro governo, la signora Giorgia Meloni, che ha fatto vedere come agisce una donna in politica. È una persona coraggiosa che ha mostrato che cosa significa coerenza, coraggio, saper prendere decisioni corrette. Dimostra una grande empatia e la volontà di non accettare il male. E credo che il popolo italiano abbia fatto la scelta giusta.

Lei si è incontrato con attivisti italiani del Mean. Grazie a questi contatti, l’università sta stabilendo partnership con università italiane. Che tipo di collaborazione vi aspettate?
Abbiamo avuto un incontro molto caloroso con la delegazione del Mean. Per quanto riguarda la cooperazione con le università italiane, siamo estremamente interessati, innanzitutto perché esse godono di un’altissima reputazione internazionale. La prima area di cooperazione è l’opportunità di apprendere e introdurre i modelli gestionali attualmente in funzione nelle università italiane. Ora, a causa della guerra, siamo abbastanza bloccati e non possiamo spostarci troppo fuori dall’Ucraina. E l’Ucraina, nell’istruzione, deve progredire verso la comunità europea, quindi questi contatti con le università sono molto importanti. La seconda area di cooperazione è la scienza e la ricerca. Abbiamo già esperienza in alcune aree avanzate che sono molto urgenti al giorno d’oggi, come la sanità, la diagnostica funzionale, l’azione umanitaria di sminamento. Quindi con i partner europei vorremmo cercare finanziamenti europei aggiuntivi per implementare quella ricerca congiunta in queste e altre aree. E infine, la mobilità studentesca. Il processo educativo non è semplice ora, stiamo cercando di adeguarlo a quello europeo: la mobilità studentesca e l’introduzione dei processi educativi implementati in Italia qui in Ucraina ci aiuterebbero molto in questa percorso.
Il Movimento Europeo per l’Azione Nonviolenta sta organizzando un Giubileo della Speranza in Ucraina. Che messaggio vorrebbe rivolgere ai pellegrini che verranno in Ucraina?
Ho un breve messaggio, amici. La guerra è sangue, è morte, è distruzione. Distruzione fisica, distruzione di speranze, distruzione del futuro, distruzione della fede nelle persone e in Dio. Voi siete persone meravigliose, avete scelto di lasciare la vostra calda e fantasticamente bella Italia e vi recherete a est per restituirci questa fede. Mi domandavo che cosa potesse essere peggio del male. Ecco, noi abbiamo visto cos’è il male. E ho capito che peggio del male c’è l’indifferenza. È fare finta che non stia succedendo nulla, passare oltre, fare finta che il male non ti riguardi. Voi non siete così e vi sono enormemente grato per questo. La bandiera della vostra organizzazione, che è nel mio ufficio, è quella che mi avete regalato durante il nostro ultimo incontro, è appesa come promemoria che il bene vince sempre. Vi auguro successo e che Dio ci protegga tutti.
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