La guerra in Ucraina sta mietendo decine di migliaia di vite e questa terribile realtà finisce per offuscare ai nostri occhi la quotidianità dei giovani ucraini. L’intervista che pubblichiamo ce ne offre uno spaccato significativo. Vadym Bratchykov, 26 anni, di Kiev, è arruolato nell’esercito ucraino e contemporaneamente è presidente del Consiglio dei giovani della sua città. È stato insegnante, attore, perfino modello. Appartiene al movimento Scout nazionale ucraino, che è una delle organizzazioni che hanno costituito il Consiglio dei giovani. Scorrere l’elenco delle 22 associazioni che compongono il più importante organismo di rappresentanza giovanile dell’Ucraina dà un’idea della varietà e della ricchezza della società civile della nazione. Oltre ai gruppi che promuovono la crescita dei giovani, la socializzazione, il loro impegno civico, ci sono associazioni ecologiste, quelle che vogliono tutelare i diritti umani, chi si impegna per la ricostruzione del paese e per la cura dei profughi interni e di quelli che dopo la guerra vorranno rientrare. Ci sono associazioni di studenti sia medi che universitari, chi segue i profughi dalla Crimea, gruppi che vogliono approfondire la lingua e la cultura tedesca e perfino chi sta redigendo la Costituzione del pianeta Marte. La guerra non sta uccidendo la voglia di vivere e crescere dei giovani ucraini, anzi la sta potenziando.
Vadym Bratchykov, che cosa fa il Consiglio dei giovani di Kiev?
Ci lavorano 40 volontari con i quali stiamo realizzando un programma definito fino al 2026. Abbiamo individuato tre ambiti di lavoro. Il primo è la realizzazione di partnership internazionali con città chiave, ne abbiamo una con Amburgo. Il secondo è il rafforzamento della capacità istituzionale delle associazioni che fanno parte del Consiglio: ci ispiriamo alle best practice delle organizzazioni non governative per trasferirle sulle nostre e per far migliorare la loro gestione finanziaria in modo da aiutarle a proseguire nella loro attività. Lo scorso inverno abbiamo implementato una rete di dialogo tra giovani. Lo scopo è creare contenuti di qualità. Abbiamo comprato microfoni, stabilizzatori, luci, soft box e postiamo contenuti su Instagram, Facebook, LinkedIn, YouTube, Telegram nei quali raccontiamo le attività del Consiglio della città di Kiev e delle nostre organizzazioni membre. Abbiamo molti progetti in questo ambito. Infine il capitale umano: abbiamo completato un progetto di due mesi per preparare professionisti, in particolare persone che lavorano nel back office di organizzazioni non governative.
In che cosa consiste quest’ultima attività?
Abbiamo realizzato 20 tra lezioni, workshop e corsi di formazione su diversi argomenti. Per esempio: strategia e obiettivi dell’organizzazione, documenti dell’organizzazione, salute fisica e mentale, gestione dei progetti, gestione del tempo. A questo percorso partecipano 50 giovani che desiderano nuove conoscenze. Al termine viene loro consegnato un attestato di partecipazione.
Con questo tipo di certificazione i giovani cosa possono fare?
Dopo aver ottenuto la certificazione, possono utilizzare l’esperienza acquisita sia negli ambiti professionali che per migliorare ed innovare la gestione delle loro organizzazioni. Inoltre possono entrare nel Consiglio dei giovani.
Parlaci dell’attività che svolgete con le associazioni che fanno parte del Consiglio dei giovani.
Le nostre organizzazioni sono molto forti. Per esempio, Let’s Do It Ukraine è il più grande movimento ecologico in Ucraina e fa parte di Let’s Do It World International Movement, partner certificato delle Nazioni Unite. Li abbiamo aiutati a organizzare la giornata mondiale della pulizia il 20 settembre, durante la quale tutti escono a pulire la città. Il nostro intento è di far sì che riescano ad organizzare ogni anno quella iniziativa. Un altro esempio è la mia organizzazione, gli Scout Nazionali dell’Ucraina, che fa parte dell’organizzazione mondiale del movimento scout. Lavoriamo con bambini e giovani nell’educazione non formale. Quest’estate siamo andati nei Carpazi per un campo estivo. Ci siamo seduti attorno al fuoco, abbiamo cantato insieme, sono momenti di romanticismo e relax per i giovani. Per acquisire altre conoscenze abbiamo collegato la nostra società nazionale in Ucraina, con la Deutches Haus di Kiev e la piattaforma dei tatari Q Hub affinché lavorino insieme.
Cosa significa per un giovane come te rimanere in una nazione sotto aggressione?
È terribile. È davvero spaventoso che nel cuore dell’Europa sia apparsa una guerra così crudele a causa della Federazione Russa. Noi non siamo solo un avamposto per l’Europa. Noi dobbiamo prenderci cura delle nostre vite e resistere, rispondere al nemico. Come presidente del Consiglio giovanile della città di Kiev, e con il mio team, lavoriamo alla creazione di un luogo sicuro per tutti, per combattere il burnout, per sostenere la reazione emotiva di tutta la società. Uno degli argomenti del nostro progetto per la qualificazione delle persone è il potere del dialogo, della comunicazione nonviolenta. Per esempio, l’anno scorso, due nostre delegate hanno partecipato a un seminario internazionale in Finlandia dal titolo: “Salute mentale e il problema dei comportamenti violenti nella società moderna” e ora nel Consiglio dei giovani della città di Kiev lavoriamo sull’argomento della comunicazione nonviolenta. Il nostro compito è curare la salute emotiva e mentale. Perché ogni giorno riceviamo cattive notizie: su altre persone, sulla violenza del soldato russo. Ogni giorno ci sono allarmi. Io abito a Kiev e ogni giorno sento droni shahed o missili balistici e le nostre contraeree che li distruggono. Sono come fuochi d’artificio, ogni giorno. È pazzesco. Allora cerco di curare la mia salute mentale. Io sono un corridore, faccio 5 o 10 chilometri per volta. Il mercoledì e il martedì ho l’allenamento. Allora chiamo un mio amico e gli dico: vieni con me ad allenarti per essere fisicamente forte. È come un relax per noi. Movimento fisico non solo per il nostro corpo ma anche per il nostro cervello.
È molto interessante quello che stai facendo in questa situazione e particolarmente interessante la comunicazione non violenta su cui stai lavorando. Potresti dirci come si articola il progetto di comunicazione non violenta?
La nostra organizzazione membro QHub ha partecipato al progetto internazionale Peditory con il sostegno di Erasmus+. Quest’anno abbiamo organizzato un evento animato dedicato al tema della comunicazione non violenta in tempi di crisi, durante il quale abbiamo approfondito i metodi efficaci di risoluzione dei conflitti e abbiamo acquisito conoscenze pratiche su come contrastare l’incitamento all’odio e la manipolazione, su come condurre una comunicazione nonviolenta e instaurare un dialogo sociale. Abbiamo anche studiato i risultati del progetto Erasmus+ “Educazione alla pace attraverso la narrazione digitale”. Il corso è stato coordinato dal nostro commissario internazionale e membro di Qhub Ivan Vdovychenko. Uno psicologo ha parlato al nostro pubblico delle emozioni, di come esse lavorano nel nostro organismo, di come possiamo controllarle, per esempio, con la respirazione.
Hai detto che un obiettivo del corso era contrastare l’incitamento all’odio. Come lo avete affrontato?
Ci siamo serviti dei giochi di ruolo. In Ucraina è molto popolare il gioco del coccodrillo, nel quale i partecipanti devono indovinare qualcosa attraverso i tuoi gesti. Il facilitatore ci proponeva delle emozioni e gli altri la dovevano indovinare. Poi su un foglio scrivevamo che cosa avevamo provato di fronte alla rappresentazione di quella emozione. E poi si confrontava il nostro scritto con quello degli altri. Questo ci ha fatto capire che la comunicazione nonviolenta richiede la comprensione non solo di se stessi, ma anche degli altri, perché magari una cosa che diverte me, a un altro suscita tristezza.
Come fai a conciliare il tuo essere soldato con l’attività sociale e non violenta che svolgi?
Va chiarito che sono diventato soldato dopo esser diventato il presidente del Consiglio dei giovani. Come soldato proteggo il paese in cui vivo, ma il mio impegno civile mi fa capire che in questa drammatica situazione dobbiamo anche innestare qualcosa di nuovo. Ne parliamo spesso con i miei amici. Ok, c’è la guerra. E ora dobbiamo essere aggressivi con il nostro nemico, perché difendiamo la nostra terra, la nostra gente, la nostra vita. Non è normale essere aggressivi, ma in questo momento è normale per me. Ma la nostra società civile non è fatta tutta di soldati. E dopo la guerra, dopo la nostra vittoria, i soldati torneranno nella società civile, e si porteranno dietro traumi e problemi fisici e mentali. Una società civile forte deve essere preparata a questo, capire e includere queste persone. Dovremo conoscere i loro traumi ed avere gli strumenti per lavorare con queste persone. Quando parlo con i miei giovani dico loro: siate forti, siate gentili, è molto importante per noi soldati. Per favore, siate preparati, siate intelligenti, siate aperti al mondo.
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