Famiglia

Stragi famigliari: manca rete sociale

E' questo il parere di Massimo Picozzi, criminologo e consulente della procura di Aosta per l'omicidio del piccolo Samuele Lorenzi

di Redazione

Il problema vero e’ la mancanza di una rete sociale che sia in grado di individuare il disagio, di quei canali di comunicazione esterni alla famiglia che per decenni hanno ‘protetto’ chiunque si sentisse abbandonato e depresso. E senza quei canali, ognuno e’ lasciato a se stesso e diventa estremamente difficile cogliere dei segnali d’allarme. Potrebbe essere in questo vuoto, secondo il criminologo e consulente della procura di Aosta per l’omicidio del piccolo Samuele Lorenzi a Cogne Massimo Picozzi, il perche’ delle stragi familiari di questi giorni. Un perche’ che e’ la diretta conseguenza del motivo primario scatenante: la sofferenza e la depressione di chi compie un gesto simile. ”La maggioranza di questi omicidi sono suicidi allargati – spiega – ed e’ estremamente difficile cogliere dei segnali d’allarme in quanto chi li compie rimane spesso in silenzio”. Piu’ e’ grave la forma depressiva, precisa il criminologo, piu’ e’ grave l’idea del suicidio allargato e piu’ e’ difficile riconoscere i segnali. In questo quadro, ”non ci sono piu’ le reti sociali che permettevano di accorgersi di un disagio” e i problemi, dunque, ”non trovano ascolto”. Ecco perche’, anziche’ parlare di revisione della legge Basaglia o di controlli ancora piu’ rigidi sul porto e la detenzione di armi, occorrerebbe ”potenziare i servizi territoriali psichiatrici, che sono al collasso”. ”Questo tipo di delitti – e’ la sua tesi – difficilmente e’ compiuto da malati di mente riconosciuti. Spesso si tratta di persone depresse che nascondono all’esterno ogni problema e quindi, non sono riconoscibili”. Attenzione inoltre, avverte Picozzi, a non voler vedere per forza nelle stragi di questi giorni un’impennata degli omicidi in ambito familiare. ”Le statistiche continuano a indicare il numero di omicidi in calo da dieci anni – dice – quindi prima di parlare di un innalzamento del numero e’ necessario valutare ogni elemento con molta attenzione”. Difficile anche parlare di emulazione. ”Un effetto emulazione potrebbe in teoria essere possibile – dice – ma sempre in situazioni in cui c’e’ una sofferenza accentuata. I media, quindi, potrebbero indurre un certo comportamento, ma non certo condizionare”. Quanto alle modalita’ con cui queste stragi vengono commesse, Picozzi spiega che l’utilizzo di un’arma da fuoco e’ preferito rispetto ad una da taglio perche’ si cerca di fare ”meno male possibile”. Gli autori, infatti, uccidono per amore e non per odio, convinti di salvare chi invece stanno ammazzando.

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