Welfare

Stranieri, le vacanzeun’ennesima odissea Questure in ritardo. E senza permessi rinnovati partireè un rischio. Soprattutto se si deve fare scalo di Davide Nordio

migranti/1 Una denuncia dell'Anolf-Cisl

di Redazione

Anche quest’anno molti immigrati non hanno potuto tornare nei loro Paesi d’origine in occasione delle ferie estive. La denuncia parte da Anolf-Cisl di Treviso che punta l’indice contro le lungaggini per il permesso di soggiorno o delle istanze di ricongiungimento. Chi non ha ricevuto la convocazione in questura aveva come unico pezzo di carta che consentisse l’espatrio e il rientro solo la ricevuta rilasciata dagli uffici postali. Ma attenzione: questo documento consente solo l’espatrio partendo dall’Italia ma senza fare scalo presso nessun aeroporto della cosidetta area Schengen.
Fortunato allora chi ha potuto contare su un volo diretto dall’Italia. Chi doveva invece obbligatoriamente cambiare volo in altri hub europei, dove partono i voli intercontinentali, ha dovuto seguire percorsi molto complicati. Un esempio: per tornare in Costa D’Avorio, è stato costretto a sbarcare in Ghana e da qui in pullman sino a casa. Ma anche chi doveva andare nella vicina Bosnia, ha dovuto rinunciare all’aereo perché il collegamento con Sarajevo parte da Vienna. Per il Sudamerica, poi, la Spagna è una meta pressoché obbligata. «Paghiamo il prezzo di una legge sbagliata, la Bossi-Fini, secondo cui solo con il presidio delle questure sui permessi di soggiorno si controllavano i flussi migratori e si sconfiggeva la clandestinità», spiega Franco Marcuzzo di Anolf-Cisl. «Hanno invece ottenuto la paralisi degli uffici immigrazione, sottraendo poliziotti dal presidio del territorio, mantenuto elevato il livello di clandestinità, aumentato la precarietà per gli immigrati. Hanno ridotto la durata dei permessi di soggiorno da quattro a due anni ma riescono a rinnovarli con due anni di ritardo, raggiungendo il brillante risultato di rendere precario anche quello che non lo era».
Pure la nascita di un figlio può far saltare il ritorno a casa. Anche se il nuovo nato è debitamente registrato nel passaporto o nello stato di famiglia, non può lasciare l’Italia perché sarà bloccato alla frontiera, in quanto non è sul permesso di soggiorno. In realtà una direttiva ministeriale permette l’aggiornamento semplicemente aggiungendolo a penna a cura della questura. Dove però gli uffici preposti sono già intasati.

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