Mondo
Sudan: una giornata storica
Per la prima volta John Garang a Khartoum. Domani il leader dei ribelli del sud Sudan giura fedeltà al nuovo governo di transizione assumendo la carica di vice presidente
di Redazione
John Garang, il leader storico dei ribelli del Sud Sudan giunge oggi a Khartoum dove da ieri si preparano grandi manifestazioni di giubilo, mentre le principali strade sono pavesate da suoi ritratti. E domani giurera’ come vicepresidente del governo unitario sudanese: il vero sigillo finale al processo di pace, firmato in gennaio a Nairobi, tra il Nord a maggioranza arabo-musulmano e il Sud animista e cristiano.
Ventuno anni di tremenda guerra civile, oltre due milioni di morti, e devastazioni senza fine in quello che e’ il piu’ vasto Paese (ma non troppo popoloso) dell’Africa intera. Alla cerimonia del giuramento di Garang (presidente sara’ confermato quello attuale, Omar Hassan al-Bashir) e’ previsto assistano, tra gli altri, il segretario generale dell’Onu Kofi Annan, quello della Lega Araba Amr Moussa, il sudafricano Thabo Mbeki, la leadership dell’Unione Africana ed altri capi di stato e di governo continentali.
Decisamente un momento storico: dopo questo giuramento, ci saranno 30 giorni per varare il nuovo governo, Da definire ancora alcuni dicasteri, ma il quadro generale della rappresentativita’ a livello nazionale e’ deciso: il partito di maggioranza del nord avra’ il 52 per cento del potere, quello del Sud il 28, il restante 20 alle rispettive opposizioni. Piu’ calibrati, a seconda della dislocazione geografica, i poteri -ampi- nelle varie regioni; mentre il fondamentale nodo dei proventi petroliferi (il Sudan galleggia nel petrolio, ancora in larghissima misura da sfruttare) e’ stato risolto con una sostanziale divisione a meta’. A sei anni dal nuovo governo, il Sud potra’ andare al referendum per decidere la secessione. Ipotesi che pareva scontata, ma che ora e’ meno certa. Garang, ad esempio, non sembra spingere piu’ di tanto in tal senso. Ma ci saranno, appunto, sei anni per valutare: soprattutto come andranno le cose col disarmo delle milizie e nei territori di confine.
Intanto per il Darfur (la martoriata regione dell’ovest del Sudan, rimasta al di fuori dai negoziati di pace) l’inviato speciale dell’Onu Jan Pronk ipotizza – dopo le intese di principio raggiunte martedi’ scorso, peraltro non le prime – l’avvio di negoziati davvero utili per il 24 agosto prossimo, ed una possibile intesa definitiva per fine anno. Finora la tregedia del Darfur, esplosa con l’insurrezione iniziata nel febbraio del 2003, molto duramente repressa dall’esercito e -soprattutto- dai miliziani arabi loro alleati, i famigerati janjaweed (vuol dire diavoli a cavallo) ha causato circa 150.000 morti tra i civili e due milioni di profughi e rifugiati. Anche se negli ultimi mesi la situazione appare in via di miglioramento.
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