Non profit

Sulla Giornata degli stati vegetativi non sono tutti d’accordo

«E' sbagliata, inopportuna» a dirlo Maurizio Mori, professore di Bioetica all'universita' di Torino e presidente della Consulta Bioetica Onlus

di Redazione

“La scelta di istituire la Giornata degli stati vegetativi proprio il 9 febbraio – giorno della morte di Eluana Englaro – e’ sbagliata, inopportuna. E’ come non voler riconoscere che ci sono persone che possono fare scelte diverse dal continuare a vivere in una condizione di stato vegetativo”.

Parola di Maurizio Mori, professore di Bioetica all’universita’ di Torino e presidente della Consulta Bioetica Onlus, alla vigilia della prima Giornata degli stati vegetativi. Secondo Mori, nello scegliere come data quella della morte di Eluana il Governo cerca di far passare un messaggio ben preciso.

“E’ evidente il tentativo di dire che il caso Englaro e’ stato un caso unico, frutto di una violenza da parte della magistratura. Da non ripetersi. Il messaggio che deve passare e’ invece quella della cura sempre. Insomma – sottolinea Mori – si tenta di ‘riqualificare’ la data del 9 febbraio e di riportarla su un giusto binario”. Nel ‘mirino’ del presidente della Consulta Bioetica Onlus finisce anche il disegno di legge sul testamento biologico che presto arrivera’ all’esame del Parlamento.

“Questo ddl e’ una truffa, e’ sbagliato nell’impianto. Il testamento biologico – spiega Mori – e’ un’estensione del consenso informato. Il punto giuridico delicato e’ quello relativo alla delega a un terzo a decidere per me. E’ su questo che ci vuole una legge che garantisca i passaggi di titolarita’, ma questo ddl non e’ fatto per regolare questo passaggio, piuttosto per dire che con c’e’. Speriamo – conclude Mori – che si chiuda la legislatura con un nulla di fatto”.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.