6 agosto 1945
Suor Marie, la padovana che è sopravvissuta a Hiroshima
A Hiroshima c'era una missionaria padovana, quella mattina del 6 agosto di 80 anni fa. Si chiamava Marie Xavier, al secolo Eleonora Saccardo Rasi. Sopravvissuta, insieme alle consorelle fu tra le prime a soccorrere i feriti. «Faceva così caldo che lo stagno davanti alla statua della Beata Vergine si è seccato in un colpo solo», scrive nelle lettere alla superiora

«Il 6 agosto fu il giorno del grande sacrificio». Con queste parole, scritte nell’autunno del 1945 alla madre superiora dell’Istituto delle Suore ausiliatrici delle anime del purgatorio, suor Marie Xavier racconta l’inferno piovuto sulla terra: l’esplosione della bomba atomica su Hiroshima.
L’ordigno fu sganciato a circa tre chilometri dal convento in cui la religiosa svolgeva la sua quotidiana opera. In pochi istanti la bomba atomica annientò ogni forma di vita, lasciando solo uno scenario di distruzione disumana: case rase al suolo, corpi carbonizzati, urla, silenzio.
Faceva così caldo che il piccolo stagno davanti alla statua della Beata Vergine si è seccato in un colpo solo
«Alle 8.05 il cielo è diventato verde, blu come quando si fanno le fotografie al magnesio e contemporaneamente tutti i tetti, le finestre e le porte sono volati via da tutte le parti; il cielo, che prima era di un azzurro magnifico senza una sola nuvola, è diventato nero», scrive suor Marie. «Faceva così caldo che il piccolo stagno davanti alla statua della Beata Vergine si è seccato in un colpo solo».
Una vita spesa portando il Vangelo alle moltitudini
Nata a Padova nel 1905, suor Marie Xavier – al secolo Eleonora Saccardo Rasi – era figlia di Giuseppina Saccardo, a sua volta figlia di Pier Andrea Saccardo, prefetto dell’Orto botanico di Padova, e di Pietro Rasi. Bionda, con due lunghe trecce, Eleonora l’1 novembre 1922, a 17 anni, entra nel noviziato delle Suore Ausiliatrici del Purgatorio a Sanremo con il nome di suor Maria Saveria, ispirata da san Francesco Saverio. Da lui ereditò il sogno missionario: portare il Vangelo alle moltitudini. Appena ventenne pronuncia i primi voti e completa la sua formazione a Firenze, poi a Pontoise in Francia e nel 1936 parte per il Giappone: destinazione Hiroshima. Lì, nella comunità di Kusunoki-cho, fu tra le prime suore a entrare nel convento fondato l’anno precedente. Imparò la lingua, si immerse nella cultura locale, lavorò in ospedale, visitò famiglie, battezzò morenti, parlò ai giovani, vivendo il Vangelo con discrezione e instancabile carità.

Sopravvivere alla bomba atomica: un miracolo
Il 6 agosto 1945, la bomba atomica colpì la città. Il convento delle Ausiliatrici fu completamente distrutto. Ma suor Marie e le consorelle, inspiegabilmente guidate da un istinto che lei stessa attribuisce al «Buon Dio», si rifugiarono dentro l’edificio pochi istanti prima dell’esplosione. Scrive la religiosa nella lettera: «Istintivamente e certamente per ispirazione del Buon Dio, siamo rientrate tutte in casa, che si stava sbriciolando da tutte le parti». E prosegue: «Umanamente parlando era una follia perché le polveri ci cadevano in testa, ma questo ci ha salvato dalle orribili ustioni prodotte da quell’unica bomba, perché è stata una sola bomba a distruggere l’intera Hiroshima». E prosegue nella lettera scritta nell’autunno del 1945: «Dei 440mila abitanti, il censimento di due mesi fa ne ha contati solo 130mila. Questo vi dice chiaramente di quale protezione siamo state oggetto». E ancora si legge nella lettera: «L’aereo ha sganciato la bomba che è rimasta in cielo sostenuta da 3 paracaduti; a una certa gradazione di calore, sotto l’influenza dei raggi, è esplosa e ha portato rovina e morte in un raggio di 35 km».
Istintivamente e certamente per ispirazione del Buon Dio, siamo rientrate tutte in casa, che si stava sbriciolando da tutte le parti. Questo ci ha salvato dalle orribili ustioni prodotte da quell’unica bomba
Dopo la tragedia, suor Marie fu tra le prime a soccorrere i feriti, accanto ai gesuiti guidati da padre Arrupe, preposito generale della Compagnia di Gesù. Rimase in Giappone fino al 1961, vivendo con e per la gente, testimone silenziosa di una ricostruzione civile e spirituale. Rientrata in Italia, si prese cura della sorella sorda rimasta sola dopo la morte della madre e del fratello, sacrificando il ritorno in missione. Poi fu destinata a Roma, a Villa Mercede, e infine a Sanremo, dove continuò a operare fra bambini, anziani e poveri, sempre con voce mite e cuore ardente. Morì nel 1994 ben cinquant’anni dopo l’apocalisse di Hiroshima.
Padova a dicembre le conferisce un’onorificenza
Per tutti suor Marie era “la monaca dalla voce gentile”. La sua esistenza, segnata dalla fede, dal coraggio e da una carità senza clamore, resta una testimonianza di pace. Per questo a ottant’anni dalla bomba atomica, il prossimo 12 dicembre, in occasione della plenaria del Dipartimento di prevenzione dell’Ulss6 Euganea di Padova – il cui team ha di recente riscoperto la storia della religiosa – l’Ulss6 e il Comune di Padova le conferiranno un’onorificenza alla memoria. Un gesto che intende riconoscere il valore umano, spirituale e civile di una donna che, con umiltà e determinazione, ha saputo trasformare la sofferenza in speranza.
Nella foto di apertura suor Marie Xavier in Giappone (foto ufficio stampa Ulss6 Euganea di Padova)
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