Welfare

Tibet, no all’ingresso di osservatori internazionali

Il governo cinese non vuole ingerenze nei suoi affari interni. E accusa il Dalai Lama

di Redazione

Nessuno osi entrare negli affari interni. Questo il messaggio chiaro e tondo che arriva dalla Cina: Pechino rifiuta categoricamente l’idea di osservatori internazionali in Tibet, ribadendo che i disordini nella regione autonoma “sono un affare completamente interno”. Il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Liu Jianchao, e’ tornato a difendere l’operato delle forze dell’ordine cinesi sostenendo che hanno risposto ai disordini “in modo civile: non e’ stato sparato un solo proiettile e non sono state usate armi letali”.

Il governo tibetano in esilio ha parlato di almeno 80 dimostranti uccisi durante la repressione delle manifestazioni. Il portavoce cinese ha poi definito “assolutamente naturale” la decisione di bandire tutti i giornalisti e sospendere i permessi di viaggio per i turisti in Tibet a poche ore dalla scandenza dell’ultimatum, alla mezzanotte di oggi (le cinque del pomeriggio in Italia), dato ai rivoltosi per arrendersi: a Lhasa vi e’ “una situazione abbastanza instabile”, ha detto. “Il governo cinese non ha niente da nascondere – ha aggiunto – quello che e’ successo e’ abbastanza chiaro”.

Inoltre Liu ha ancora puntato il dito contro il Dalai Lama, accusando il leader spirituale tibetano di aver fomentato le proteste ed il disordini. “Abbiamo prove schiaccianti del fatto che vi sia il Dalai Lama dietro a questo – ha detto – il Dalai Lama non ha mai abbandonato l’obiettivo dell’indipendenza del Tibet”. Nonostante i ripetuti appelli della comunita’ internazionale, Pechino si e’ sempre rifiutata di avviare un dialogo diretto con il Dalai Lama.

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