Mondo
Tortura: non si vede, ma distrugge migliaia di persone
In occasione della Giornata Internazionale a sostegno delle vittime di tortura che si celebra oggi il Cir (Consiglio Italiano per i Rifugiati) si mobilita per sensibilizzare contro questa vergognosa pratica e porta in scena uno spettacolo di danza e musica realizzato dal laboratorio di riabilitazione psicosociale che ha accompagnato 20 migranti in un percorso di recupero ed elaborazione del trauma
di Redazione

Il 26 giugno viene celebrata in tutto il mondo la Giornata Internazionale a sostegno delle vittime di tortura. Il sistema giuridico internazionale proibisce l’utilizzo della tortura in qualsiasi circostanza. Malgrado la sua stigmatizzazione ufficiale, però, la tortura non è ancora stata sconfitta e continua a essere praticata infliggendo indicibili sofferenze fisiche e psichiche. Sono 131 i paesi in cui Amnesty International ha denunciato casi di tortura o altri maltrattamenti nell’ultimo anno. E un rifugiato su tre, di quelli che arrivano in Italia, è vittima di tortura.
Le vittime di tortura sono segnate da ferite e traumi che richiedono risposte specifiche, in grado di ricostruire ciò che la violenza della tortura e dell’esilio hanno distrutto: la loro identità familiare, legale, economica, politica, culturale, sociale. Per dare risposte a questi bisogni il Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir) gestisce dal 1996 progetti che mettono in atto azioni mirate alla riabilitazione dei sopravvissuti a tortura e in questi anni ha assistito oltre 4.000 persone sopravvissute a torture..
Per sensibilizzare e mobilitare contro questa vergognosa pratica, in occasione della Giornata internazionale, il 26 giugno alle ore 20.30 all’Isola del Cinema di Roma, i rifugiati che hanno partecipato al laboratorio di riabilitazione psicosociale promosso all’interno del progetto Rinnovare l’IN.VI.TO., con il sostegno del Fondo Europeo per i Rifugiati, saranno su un palco con la performance "Nonostante Tutto" per raccontarsi attraverso uno spettacolo di danza e musica. Il laboratorio di riabilitazione psico-sociale, grazie ai formatori Steve Emejuru e Susan Long, ha accompagnato 20 rifugiati in un percorso di recupero ed elaborazione del trauma.






In scena, oltre a danze e canti, 2 improvvisazioni sul tema della Nascita e della Violenza. Verrà anche proiettato un corto costruito assieme alla video-maker Christine Pawlata che ha seguito Simon, dalla Repubblica Democratica del Congo, e Therese, dalla Costa d’Avorio, oltre che nel percorso previsto dal laboratorio, anche negli spazi più intimi e privati del quotidiano. Il corto, finanziato da Fondazione Unipol con Unipol Gruppo Finanziario, restituisce quella tridimensionalità che è spesso sottratta all’immagine del rifugiato. Con le emozioni e la quotidianità e la complessità che stanno dietro ai numeri e le semplificazioni.
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